Reggio pioniera delle cure palliative
di Luciano Salsi
L’esperienza è stata avviata nel 1989. Attualmente sul territorio operano 31 medici specializzati organizzati in due unità
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REGGIO EMILIA. La morte di Marina Ripa di Meana, avvenuta a Roma giovedì scorso, ha impressionato l'opinione pubblica non solo per la celebrità del personaggio, ma anche per il risalto che lei stessa ha voluto dare alla sua scelta di alleviare con la sedazione profonda le atroci sofferenze della fase terminale della malattia.
La sedazione profonda fa parte delle cure palliative, nelle quali la nostra provincia vanta un'esperienza pionieristica, avviata nel 1989, portata avanti da un attivissimo movimento di medici, volontari e cittadini e confermata l'8 dicembre 2000 con l'inaugurazione dell'hospice di Albinea Madonna dell'Uliveto, il primo realizzato nella nostra regione. Dieci anni dopo è stato aperto il secondo hospice a Guastalla. Un ruolo di primo piano l'ha, inoltre, l'Irccs Santa Maria Nuova, il cui direttore scientifico Massimo Costantini, uno dei più grandi ricercatori nell'ambito delle cure palliative, è coadiuvato nella ricerca e nella didattica dalla dottoressa Silvia Tanzi.
Attualmente nel territorio dell'Ausl operano trentuno medici palliativisti organizzati in due unità territoriali. Quella dei distretti di Reggio, Scandiano e Castelnovo Monti è coordinata dal dottor Antonio Manni e fa capo all'hospice di Albinea. Quella di Guastalla, Correggio e Montecchio è coordinata da Fiorenzo Orlandini e fa capo all'hospice di Guastalla. In ogni distretto è insediata una équipe che presta la propria consulenza negli ospedali ed eroga cure a domicilio. Una unità specifica è a disposizione del Santa Maria. L'hospice di Albinea dispone di dodici posti letto. Quello di Guastalla ne ha quattordici.
«Nella nostra provincia – riferisce Pietro Penna, coordinatore della rete aziendale di cure palliative del dipartimento di cure primarie – muoiono ogni anno per tumore circa millecinquecento persone. Il 53% è assistito in ambito territoriale, sia negli hospice sia nella propria abitazione. L'altro 47% riceve episodicamente cure palliative, sulle quali l'azienda sanitaria investe sempre più risorse allo scopo di fornirle a tutti i pazienti che le richiedono. Infatti la legge 38 del 2010, a cui è seguita la delibera 560 della regione Emilia Romagna, le ha inserite nei livelli essenziali di assistenza e ogni cittadino ha il diritto di riceverle gratuitamente. Tuttavia fino a due anni fa non avevamo ancora medici palliativisti. Per la loro formazione non è ancora istituita una vera e propria specializzazione. Si deve seguire un master biennale a cui sono ammessi i medici di una decina di specialità, dalla medicina generale all'oncoematologia». All'inizio l'introduzione delle cure palliative fu frenata dalla diffidenza nei confronti della morfina e delle altre sostanze oppiacee che ne sono i capisaldi ma implicano il problema delle tossicodipendenze. «Quello – obietta il dottor Penna – è un pregiudizio infondato. La morfina è un farmaco utilissimo che dà enormi benefici ma, come tutti i farmaci, deve essere usato in modo appropriato da professionisti competenti». Un'altra remora è rappresentata dal fatto che, se somministrati in dosi eccessive, questi preparati possono accelerare la morte e, quindi, trasformarsi in strumenti per attuare l'eutanasia.
«In realtà – smentisce il dottor Penna – questi farmaci non sono eutanasici, se utilizzati correttamente. Anzi, la sofferenza fa spendere una grande quantità di energie anticipando la morte. Eliminare il dolore, quindi, significa anche allungare la vita. L'uso appropriato degli oppioidi è un problema di deontologia e responsabilità professionale. Purtroppo qualunque farmaco può avere effetti collaterali e provocare complicanze imprevedibili».
La sedazione profonda fa parte delle cure palliative, nelle quali la nostra provincia vanta un'esperienza pionieristica, avviata nel 1989, portata avanti da un attivissimo movimento di medici, volontari e cittadini e confermata l'8 dicembre 2000 con l'inaugurazione dell'hospice di Albinea Madonna dell'Uliveto, il primo realizzato nella nostra regione. Dieci anni dopo è stato aperto il secondo hospice a Guastalla. Un ruolo di primo piano l'ha, inoltre, l'Irccs Santa Maria Nuova, il cui direttore scientifico Massimo Costantini, uno dei più grandi ricercatori nell'ambito delle cure palliative, è coadiuvato nella ricerca e nella didattica dalla dottoressa Silvia Tanzi.
Attualmente nel territorio dell'Ausl operano trentuno medici palliativisti organizzati in due unità territoriali. Quella dei distretti di Reggio, Scandiano e Castelnovo Monti è coordinata dal dottor Antonio Manni e fa capo all'hospice di Albinea. Quella di Guastalla, Correggio e Montecchio è coordinata da Fiorenzo Orlandini e fa capo all'hospice di Guastalla. In ogni distretto è insediata una équipe che presta la propria consulenza negli ospedali ed eroga cure a domicilio. Una unità specifica è a disposizione del Santa Maria. L'hospice di Albinea dispone di dodici posti letto. Quello di Guastalla ne ha quattordici.
«Nella nostra provincia – riferisce Pietro Penna, coordinatore della rete aziendale di cure palliative del dipartimento di cure primarie – muoiono ogni anno per tumore circa millecinquecento persone. Il 53% è assistito in ambito territoriale, sia negli hospice sia nella propria abitazione. L'altro 47% riceve episodicamente cure palliative, sulle quali l'azienda sanitaria investe sempre più risorse allo scopo di fornirle a tutti i pazienti che le richiedono. Infatti la legge 38 del 2010, a cui è seguita la delibera 560 della regione Emilia Romagna, le ha inserite nei livelli essenziali di assistenza e ogni cittadino ha il diritto di riceverle gratuitamente. Tuttavia fino a due anni fa non avevamo ancora medici palliativisti. Per la loro formazione non è ancora istituita una vera e propria specializzazione. Si deve seguire un master biennale a cui sono ammessi i medici di una decina di specialità, dalla medicina generale all'oncoematologia». All'inizio l'introduzione delle cure palliative fu frenata dalla diffidenza nei confronti della morfina e delle altre sostanze oppiacee che ne sono i capisaldi ma implicano il problema delle tossicodipendenze. «Quello – obietta il dottor Penna – è un pregiudizio infondato. La morfina è un farmaco utilissimo che dà enormi benefici ma, come tutti i farmaci, deve essere usato in modo appropriato da professionisti competenti». Un'altra remora è rappresentata dal fatto che, se somministrati in dosi eccessive, questi preparati possono accelerare la morte e, quindi, trasformarsi in strumenti per attuare l'eutanasia.
«In realtà – smentisce il dottor Penna – questi farmaci non sono eutanasici, se utilizzati correttamente. Anzi, la sofferenza fa spendere una grande quantità di energie anticipando la morte. Eliminare il dolore, quindi, significa anche allungare la vita. L'uso appropriato degli oppioidi è un problema di deontologia e responsabilità professionale. Purtroppo qualunque farmaco può avere effetti collaterali e provocare complicanze imprevedibili».