Gazzetta di Reggio

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Fuoco incrociato sulla perizia di Aemilia

di Enrico Lorenzo Tidona
Fuoco incrociato sulla perizia di Aemilia

Avvocati alla carica per scardinare la ricostruzione degli esperti. Garuti: «Per i Bianchini nessuna intestazione fittizia»

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REGGIO EMILIA. Alessandra Bianchini, figlia di Augusto, «non ha mai svolto lavori o dichiarato redditi sufficienti per giustificare il ruolo in azienda». È questa la motivazione dei periti nominati dal tribunale di Aemilia offerta ieri in sintesi a Giulio Garuti, difensore della famiglia di costruttori di San Felice sul Panaro, imputati nel processo contro la ’ndrangheta. Per i periti i figli di Bianchini non avevano l’esperienza necessaria per svolgere l’incarico di amministratori delle ditte della famiglia, finita nel ciclone dell’inchiesta ed esclusa peraltro dalla white list, requisito necessario per partecipare agli appalti per la ricostruzione post sisma. Secondo l’accusa Augusto Bianchini e la moglie Bruna Braga sarebbero rimasti gli effettivi amministratori della società del loro gruppo, attribuendo in modo fittizio ai figli quote e gestione.

«Non so se il figlio abbia fatto un master o altro, ma l’esperienza gestionale è un’altra cosa» dicono gli esperti di PricewaterhouseCoopers ingaggiati dal tribunale, per rispondere all’avvocato Garuti, che però ribatte portando alla corte un caso di successo: «Allora Zuckerberg a 23 anni ha fondato Facebook non era in grado?».

Un botta e risposta andato avanti per ore tra i periti e lo stuolo di avvocati che, per diversi imputati, li hanno incalzati punto su punto per smontare diversi passaggi contenuti nelle oltre duemila pagine della corposa perizia. Per i periti i figli di Bianchini non avrebbero i requisiti reddituali così come le competenze per poter ricoprire ruoli di vertice nell’impero delle costruzioni, oggetto peraltro di favoritismi nel comune di Finale Emilia nell’assegnazione degli appalti per mezzo di Giulio Gerrini, responsabile dell’area lavori pubblici del comune di Finale, già condannato nell’abbreviato di Aemilia a due anni e 4 mesi di reclusione, pena confermata in appello.

Nicola Bianchini, ad esempio, risulta socio al 40% di una delle società. Per i periti, però, non risultava in grado di acquistare le quote della ditta dei genitori perché nel 2013 disponeva di un reddito dichiarato di 36mila euro. Negli anni precedenti ancora meno. Quindi non sarebbe stato solvibile e avrebbe dovuto rateizzare pagando “solo” 500 euro alla volta per molti anni, senza offrire garanzie sull’operazione. «In una contrattualistica commerciale normale non si cedono quote senza garanzie». Ed è lì che Garuti affonda: «Il fatto che voi contestiate il meccanismo della dilazione di pagamento è un altro paio di maniche ma non si può contestare la solvibilità. Il pagamento era sostenibile».

Per il pm Marco Mescolini il controesame sembra «una requisitoria anticipata», si lamenta con la corte. Su valutazioni di immobili, deprezzamenti e valori societari, gli avvocati chiedono ai periti se è stata fatta una perizia ad hoc per valutare i valori compresi nella relazioni. Ed è lì che si svolge il braccio di ferro. Perché ai periti i giudici hanno chiesto valutazioni basate sugli atti del processo, non su ulteriori perizie. «Altrimenti non si finirebbe più», taglia corto il presidente Caruso.