Gazzetta di Reggio

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«I soldi dei Vertinelli investiti nelle aziende»

«I soldi dei Vertinelli investiti nelle aziende»

Il consulente della famiglia finita alla sbarra sentito ieri dal collegio: «Erano operazioni consentite»

09 febbraio 2018
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REGGIO EMILIA. «I Vertinelli, per abbattere l’utile potenziale delle imprese, reinvestivano la liquidità in immobili o altre spese». Sta qui, in buona parte, la spiegazione resa ieri da Vittorio Sestito, consulente ingaggiato dalla difesa della famiglia di imprenditori crotonesi trapiantati a Montecchio Emilia, considerati la “cassaforte” dalla cosca Grande Aracri nell’inchiesta Aemilia. Una ricostruzione degli affari dei Palmo e Giuseppe Vertinelli, imputato per associazione di stampo mafioso, che hanno avuto ieri la possibilità di far parlare il loro consulente dopo l’udienza nella quale erano stati sentiti i periti nominati invece dal tribunale.

«I Vertinelli hanno messo in atto operazioni di cash pooling – spiega il consulente della difesa – Se incasso velocemente i miei crediti ma ai fornitori riesco a dilazionare pagamenti, tfr e via dicendo, creano della liquidità in azienda che posso utilizzare per fare degli investimenti, anche a livello consolidato». Notazioni contabili alle quali il consulente aggiunge il fatto che i fratelli Palmo e Giuseppe «non sempre compaiono nella governance delle società. Ma non c’è mai stata una reale schermatura perché apparivano o soci o come amministratori, in base ai casi». Certo, dice Sestito, alcune pieghe e passaggi societari «potevano essere gestiti in maniera più trasparente».

C’è poi tutta la partita del ristorante Millefiori di Montecchio, acquisito secondo l’accusa per riciclare soldi del clan. Il ristorante era stato costruito sul terreno di proprietà della Mille Fiori srl, riconducibile a Antonietta Bramante, moglie di Palmo, a seguito di una concessione edilizia rilasciata nel 2003 dal Comune di Montecchio. Il terreno agricolo, secondo l’accusa, era stato acquistato nel 1995 dalla Bramante per 12 milioni di lire e rivenduto all’immobiliare nel 2002 per 110 milioni di lire. «L’acquisto del terreno fu effettivamente fatto da parte della signora Bramante – conferma il consulente di parte – Non abbiamo documentazione sulla provvista da parte della Bramante e non sappiamo nemmeno da dove venga il denaro per costituire il capitale sociale della società che effettuo l’acquisto. Devo dire, però, che anche noi consulenti, quando facciamo attività di revisione, fungiamo un po’ da investigatori e abbiamo usato degli indici di coerenza per verificare l’operazione. La signora Bramante probabilmente all’epoca non aveva i denari sufficienti. Però abbiamo cercato di recuperare tutti i fatturati e i flussi di cassa della ditta di Giuseppe Vertinelli e negli anni hanno creato liquidità che hanno poi reinvestito».

Sestito punta infine sull’unicum rappresentato dalle varie aziende create dai Vertinelli. «Erano un gruppo unico e lavoravano per grandi aziende. Loro non erano costruttori veri, lo erano i loro clienti. Ma negli anni hanno creato valore». (e.l.t.)