Sugli imputati piombano nuove accuse
La Dda integra i capi di imputazione contestando reati commessi dopo gli arresti del 2015 a decine di uomini del clan
REGGIO EMILIA. L’operazione Aemilia di gennaio 2015 si riteneva avesse affondato l’infiltrazione della ’ndrangheta cutrese e i suoi metodi mafiosi.
E invece non era così. Imputati, carcerati, condannati e «altre persone non ancora identificate» hanno continuato in questi tre anni a «confermare l’adesione alle regole e alla strategia del sodalizio ’ndranghetistico di appartenenza», come scrive la stessa Direzione distrettuale antimafia di Bologna. Non solo. Chi dal carcere chi in libertà, tanti hanno cercato di «inquinare le prove ed intimidire i testimoni del dibattimento Aemilia, azione posta in essere con la complicità di sodali in libertà e secondo le indicazioni di Sarcone Gianluigi...».
Un colpo di scena che si è consumato ieri a Reggio. nell’aula speciale del più grande processo ad una mafia che la storia del Nord Italia ricordi.
La deflagrazione è arrivata al termine dell’udienza, quando ormai tutti si apprestavano a raccogliere codici, atti e bagagli vari, per andarsene. A chiedere la parola al presidente Caruso il sostituto procuratore Beatrice Ronchi. Il magistrato ha chiesto di poter depositare «integrazioni e precisazioni» al capo di imputazione più importante del processo, relativo all’associazione di stampo mafioso. Ne ha lette alcune, per dare il senso di quello che stava accadendo, poi ha consegnato il faldone al Tribunale. E Caruso, ad uno ad uno, ha letto davanti ad imputati e avvocati attoniti i «cambiamenti» dei capi di imputazione per capi e accoliti della cosca, alcuni dei quali nella gabbia dell’aula bunker, altri collegati in videoconferenza dalle carceri dove si trovano in massima sicurezza.
Sono comparse così le contestazioni di cui si dibatte da un paio d’anni, che aggiungono alle già note estorsioni, usure, incendi, corruzioni, intestazioni fittizie, bancarotte fraudolente e false fatturazioni nuovi reati, quali ricettazioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza delittuosa in attività illecite. Specie, guarda caso, nell’edilizia.
Non solo, per gran parte degli imputati l’attività delittuosa, che nell’originario capo di imputazione si fermava a quella notte da tregenda di gennaio 2015, è stata “allungata” a ieri, all’8 febbraio 2018. Perché per la dottoressa Ronchi e per il collega Mescolini quelle persone non hanno mai interrotto il sodalizio mafioso. Anzi.
Le nuove imputazioni fanno sintesi di quanto è emerso in questi due anni, tra nuove indagini e pentimenti.
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