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Sentenza Kyterion: undici condannati

Sentenza Kyterion: undici condannati

È il processo “gemello” di Aemilia centrato sul clan Grande Aracri: agli imputati revocata anche la potestà genitoriale

27 febbraio 2018
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REGGIO EMILIA. Centosedici anni di carcere e revoca della potestà genitoriale. È questo il resoconto delle condanne nei confronti degli 11 imputati del processo Kyterion – terza gamba dei processi contro la ’ndrangheta cutrese – che a fine gennaio 2015 portò all’esecuzione di 46 ordinanze di custodia cautelare e che smantellò la cosca Grande Aracri in contemporanea con le operazioni Aemilia e Pesci. Gran parte degli indagati erano stati già processati con rito abbreviato al tribunale di Catanzaro: al boss Nicolino Grande Aracri furono inflitti 30 anni di carcere per l’omicidio dell’ex capo della ’ndrangheta cutrese Antonio Dragone. Altri hanno scelto il rito ordinario che si è concluso ieri a Crotone.

Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Marco Bilotta (a latere Romina Rizzo ed Ersilia Carlucci) ha condannato tutti gli undici imputati anche a pene più pesanti di quelle richieste dal pm della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio. Tutti i condannati sono stati anche interdetti dai pubblici uffici e è stata loro sospesa la potestà genitoriale, decisione quest’ultima che rientra anche in una profonda discussione giurisprudenziale.

La condanna più eclatante è quella dell’avvocato Rocco Corda – accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa – al quale il tribunale di Crotone ha inflitto una pena a 6 anni ed 8 mesi (il pm ne aveva chiesti 8) oltre alla sospensione per tre anni dall’attività professionale. Vito Martino, ritenuto il contabile della cosca Grande Aracri, è stato condannato a 15 anni di reclusione (la richiesta era di 12). Condanne più pesanti anche per coloro che, secondo la Dda, sono ritenuti promotori di un’associazione mafiosa operante principalmente nel territorio di Isola Capo Rizzuto: 12 anni a Santo Maesano (10 chiesti dall’accusa), 11 anni ciascuno ad Antonio, Carmine e Giuseppe Riillo (la richiesta era di 10); 16 anni a Domenico Riillo. Anche per Salvatore Scarpino (50enne accusato di aver svolto operazioni finanziarie per conto della cosca di Cutro) il tribunale ha aumentato la pena: dovrà scontare 10 anni di reclusione, mentre il pm ne aveva chiesti 8.

Sconto di due anni rispetto alla richiesta della pubblica accusa per il dipendente comunale accusato di tenere i rapporti con la cosca, Alfonso Pietro Salerno, che è stato condannato a 10 anni di reclusione. Sette anni la condanna per Albano e Leonardo Mannolo, accusati tra le altre cose di estorsioni, minacce e porto di armi (la richiesta del pm era di 9 anni e 6 mesi). Il Tribunale ha anche condannato gli imputati al risarcimento delle parti civili e al pagamento di una provvisionale di 30 mila euro per l’associazione Libera. Da Cutro, la città della creta (Kyterion in greco) è scatutira l’inchiesta gemella di Aemilia, che racconta l’arrembante clan ’ndranghetista dei Grande Aracri, che dalla provincia di Crotone avrebbero lanciato l’assalto al cielo del nord Italia, mettendo radici in Emilia e Lombardia (a Cremona e Mantova). In un rovesciamento geografico che racconta di una mafia che ha tarlato il tessuto economico della ricca Pianura Padana e ora al centro delle tre inchieste. (e.l.t.)