’Ndrangheta, bloccati beni per 15 milioni
Confisca della Dia per Salvatore Scarpino, condannato a 10 anni e uomo di fiducia del boss Nicolino
REGGIO EMILIA. Follow the money: è la scia che sta continuando a seguire la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha bloccato beni per oltre 15 milioni di euro a due imprenditori ritenuti contigui alla cosca locale di ’ndrangheta di Cutro e al boss Nicolino Grande Aracri. Il seguito di quanto emerso in Kyterion, l’inchiesta gemella ad Aemilia – la prima sul livello “alto”, la seconda sulla cosca nostrana autonoma ma sempre sotto l’ombrello del boss – ha consentito di sottrarre alla ’ndrangheta 15 società, 79 fra terreni e fabbricati, 14 rapporti finanziari, 7 polizze assicurative e un’auto.
L’operazione è il risultato di accertamenti di natura patrimoniali condotti dalla Dia di Catanzaro, che è andata ad analizzare i movimenti patrimoniali degli ultimi vent’anni di due soggetti: sotto la lente d’ingrandimento sono finiti i rispettivi nuclei familiari ed è parsa evidente la sproporzione tra redditi e beni posseduti.
Il primo è Antonio Gianfranco Pasquale Barberio, 72 anni, imprenditore leader nel settore turistico e alberghiero, di Lamezia Terme. Il tribunale di Catanzaro ha formulato un giudizio di pericolosità sociale su Barberio, ritenuto uomo di fiducia del boss alla luce dei «rapporti di natura economica accertati come intercorrenti tra Barberio e Nicolino Grande Aracri». Nei suoi confronti è scattato un decreto di sequestro di numerose società turistiche a Lamezia Terme, Isola Capo Rizzuto e perfino un villaggio turistico in costruzione vicino a Cutro.
È invece colpito da confisca, emessa dal tribunale di Crotone, Salvatore Scarpino, 52 anni, imprenditore specializzato nella lavorazione del legno e condannato, lunedì scorso in rito ordinario in Kyterion, a dieci anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. A Scarpino, tuttora in carcere, è stata applicata anche la misura della sorveglianza speciale per tre anni con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. Secondo l’accusa Scarpino aveva un ruolo chiave negli investimenti della cosca tramite prestanome: «Operazioni finanziarie e bancarie... con contatti diretti e frequenti con Nicolino Grande Aracri», che si sarebbe servito di lui anche «nell’avvicinamento a settori istituzionali mediante ordini massonici e cavalierati». Scarpino compare in Kyterion in una vicenda di avvicinamento ad un giudice (mai identificato) per “aggiustare” un processo a carico del genero del boss.