Eugenio Sidoli, reggiano doc alla guida della Philip Morris
Reggio Emilia: in Italia è amministratore delegato e presidente della multinazionale. «Adesso puntiamo a convertire i consumatori verso le sigarette senza fumo»
REGGIO EMILIA. «Sì, produciamo sigarette, ma sono quelle senza fumo e stiamo convertendo milioni di persone a questa scelta che riduce i livelli medi della tossicità del 90-95%. Ne siamo talmente convinti che in pochi anni abbiamo impegnato tre miliardi e mezzo di euro in ricerca e più di un miliardo in investimenti. Ora riusciamo a produrle in Emilia, a Bologna, poco lontano dalla città in cui sono nato». Chi racconta queste cose è il dottor Eugenio Sidoli. Le avrebbe anche potute dire in dialetto, perché Sidoli è un reggiano purosangue che si sta facendo valere in campo internazionale.
La sua casa natale è in via Campo Marzio e oggi è diventato – a 54 anni – presidente ed amministratore delegato di un colosso come la Philip Morris Italia. A Reggio vivono ancora la mamma e tre fratelli (lo scorso settembre vi ha perso il papà) e quando può vi ritorna. Ha conosciuto città e nazioni diverse ma non cancella i ricordi della giovinezza, degli amici, degli anni di studi al liceo Lazzaro Spallanzani, prima di laurearsi in Economia e iniziare il suo peregrinare in giro per il mondo.
«La scelta degli studi – ricorda – la debbo al professor Basini, docente scandianese». Attualmente vive con la moglie Sandra a Roma e ha un figlio, Albert, poco più che ventenne. La sua famiglia discende da un nobile casato rinascimentale di mercanti e di studiosi (basti ricordare Giuditta Sidoli, vissuta nell’Ottocento, patriota e tra i fondatori del giornale La Giovine Italia).
A condurre Eugenio Sidoli alla collaborazione e poi alla guida di una impresa del calibro della Philips Morris Italia – racconta lo stesso Sidoli – sono state alcune coincidenze, iniziate con cinque anni di consulenza in marketing in terra Svizzera. «Nel 1992, all’età di 25 anni – racconta – sono andato a Losanna, poi ho lavorato a Belgrado, quindi a Madrid».
Adesso si divide fra Roma e Bologna. E proprio alle porte del capoluogo emiliano ha inaugurato da pochi mesi uno stabilimento d’avanguardia. È in quel di Crespellano e conta già 1.500 dipendenti, ma presto ne imbarcherà un altro centinaio; se si contano anche i collaboratori esterni si arriva a duemila occupati.
Nello stabilimento bolognese vengono prodotti quasi 37 milioni di “sigarette che non fumano”, con ridotta tossicità, e il loro numero è destinato a crescere. La filiera Iqos (smetto di fumare) è stata lanciata nel 2014 e conta almeno 5 milioni di fumatori classici convertiti, ai quali se ne aggiungono altri 10 mila ogni giorno. La produzione si pone un obiettivo ambizioso e richiede una particolare trasformazione del modello di business e dell’organizzazione, esigendo competenze nuove e di altissimo livello.
«In questo momento – annota Sidoli – i più interessati ai nostri prodotti paiono essere i giapponesi insieme a coreani ed italiani. Quando parlo di loro uso il verbo conversione perché si tratta di un profondo cambio di abitudini, a volte radicate da anni. È una piccola ma preziosa rivoluzione, sulla quale abbiamo scommesso, che sta velocemente coinvolgendo le abitudini di una marea sempre più ampia di fumatori».
Perché il radicamento emiliano? «Perché questa è una delle regioni più belle del mondo, è la Silicon Valley del futuro. Non mi spiace inoltre il fatto che Bologna è in posizione centrale lungo la penisola e poco lontana dalla mia città d’origine. Qui ritrovo volentieri l’arte, la cultura, le abitudini della prima parte della mia vita».
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