Silva: «Un tempo qui erano tutti Coffriniani Solidarietà alla Gazzetta e ai giornalisti»
BRESCELLO. A seguito della diffida pervenuta alla Gazzetta dagli ex sindaci Ermes e Marcello Coffrini sull’utilizzo del termine “coffriniano”, arriva al nostro giornale la solidarietà di Catia Silva,...
BRESCELLO. A seguito della diffida pervenuta alla Gazzetta dagli ex sindaci Ermes e Marcello Coffrini sull’utilizzo del termine “coffriniano”, arriva al nostro giornale la solidarietà di Catia Silva, ex leghista che in questi anni è stata tra i principali oppositori del governo locale. «Il silenzio è d’obbligo: questo il motto che i cittadini di Brescello e gli ex amministratori impongono a chi, in questi due anni di commisariamento per mafia, vuole gridare e scrivere quello che emerge dagli atti giudiziari. La strategia è sempre quella: denunciare per intimidire, il silenzio deve regnare. La campagna elettorale è iniziata, le votazioni amministrative sono alle porte, ma si cerca di zittire giornalisti comunicando azioni nelle sedi competenti. Oggi succedono fatti strani, scrivere o dire “coffriniani” è un’offesa, ma sino a poco tempo fa lo dicevano tutti, anzi: era un orgoglio averli votati, era come avere un biglietto da visita in tasca, tutti si sentivano “coffriniani”. Si voglia ricordare che la famosa sera del settembre 2014, quando in piazza raccolsero le firme per la fiducia a Marcello Coffrini. Chi era al banchetto a scrivere i nomi di chi lo sosteneva diceva “Noi siamo coffriniani”. Nulla di offensivo, no?». Poi rincara la dose: «Ora si va ad accusare un giornalista, come già avvenuto con Donato Ungaro a loro ben conosciuto, che con quell’aggettivo voleva far capire che dopo oltre 20 anni di dinastia coffriniana i nuovi a candidarsi saranno i fedelissimi coffriniani. Sicuramente ex della sua giunta. Anche perché viene difficile credere che chi li andrà a sostituire non avrà l’aiuto e i consigli dei vecchi rampolli. In questo Comune ha sempre funzionato così. Pieno sostegno e solidarietà a tutti i giornalisti che fanno il loro lavoro senza se e senza ma, pieno appoggio alla Gazzetta e ai giornalisti della Rai. Come mai i Grande Aracri possono rimanere in una casa a loro non più dovuta? Di questo dovrebbero preoccuparsi i Coffrini, non di un aggettivo».