Gazzetta di Reggio

Reggio

Tariffari gonfiati ad arte e mazzette nelle cartelle per pagare la funzionaria

Enrico Lorenzo Tidona
Tariffari gonfiati ad arte e mazzette nelle cartelle per pagare la funzionaria

Telecamera nascosta a Guastalla riprende i due intermediari pakistani Il compenso, fino a 450 euro a pratica, comprendeva la somma per la donna

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Per chiedere la cittadinanza bisogna versare allo Stato 200 euro e una marca da bollo da 16 euro. La pratica, però, poteva schizzare oltre i 400 euro secondo le intercettazioni in mano alla procura di Reggio, perché comprensiva di spese per gli intermediari e mazzetta finale alla funzionaria della Prefettura, Sonia Bedogni, al centro dell’inchiesta sulla corruzione che ha investito l’ente di Corso Garibaldi. L’impiegata era infatti in grado di velocizzare le pratiche frenate dalla burocrazia.



C’era un giro illecito e vorticoso di contanti nell’ufficio per l’immigrazione della Prefettura, nascosti appositamente dentro a cartelline e consegnati a Bedogni, che li prelevava poi dal plico per riporli nel cassetto della sua scrivania. Un atto ripreso più volte dalla telecamera e dalle intercettazioni ambientali che hanno chiuso il cerchio sulla funzionaria, da due giorni ai domiciliari nella sua casa di Quattro Castella con l’accusa di corruzione. Quindici i casi accertati dalla polizia, che hanno portato a misure cautelari anche per altre tre persone, considerati intermediari dei corruttori.



Sonia Bedogni ha un buon lavoro e una vita agiata. Resta da capire, quindi, cosa spingesse la dipendente pubblica a permettere che intermediari o privati portassero soldi nel suo ufficio. Fogli da 50 euro inseriti nella cartelline. Parte consistente di quel giro d’affari illegale partiva però dall’agenzia di Guastalla dei fratelli Parvez. Un ufficio di pratiche per stranieri con un via vai continuo di persone che, per diventare cittadini italiani, erano disposti a pagare cifre più alte del dovuto.



La soluzione prospettata dai due fratelli pakistani, Irslan e Umar Parvez, residenti a Novellara, era presto detta: 50 euro per aprire la pratica e fino a 450 euro - come documentato in uno dei tanti casi - la cifra richiesta invece per accelerare una pratica per la cittadinanza incagliata nel mare magnun della Prefettura. Parte di quei soldi, è convinto il procuratore Giacomo Forte, finivano nelle tasche della funzionaria. A dar man forte al pm ci sono soprattutto due telecamere: una piazzata sul soffitto dell’ufficio di Bedogni, in Prefettura, un’altra nell’agenzia dei due intermediari pakistani. Tutto viene quindi ripreso.



In questo modo, afferma la Procura nell’ordinanza con la quale ha chiesto emesso misure per quattro dei sette indagati, è chiaro che la funzionaria pubblica «possiede una merce di scambio molto efficace per realizzare il proprio illecito arricchimento». La donna, infatti, usa come deterrente la burocrazia e le lungaggini per giusticare l’extra. Fa notare il numero di pratiche sui suoi scaffali, enumera gli anni necessari per vedersi riconoscere la cittadinanza. La Procura stessa si è presa la briga di fare dei controlli a campione scegliendo cinque pratiche per verificare quanto tempo passava tra la presentazione della domanda e la verifica della stessa passassero in media in anno e sei mesi. Circa due anni la tempistica di evasione di una pratica di cittadinanza senza macchie da parte della Prefettura. «In questo modo più dirsi che la Bedogni riceveva il pagamento di denaro per i propri servigi consistenti innanzitutto nell’accelerare l’istruttoria della pratica, dando la precedenza a quelle per le quali ha ricevuto l’illecito compenso».



L’accelerazione delle pratiche avveniva con l’utilizzo di uno stratagemma «attraverso cui realizzare in concreto un efficace uso dell’esercizio distorto del proprio potere discrezionale, senza che ciò insospettisca i suoi superiori». Bedogni avrebbe indotto gli interessati a formalizzare un sollecito ad hoc sullo stato della pratica, attraverso il quale vincolare inconsapevolmente il prefetto Maria Forte o il suo delegato, a firmare più celermente l’autorizzazione. Il prefetto stesso, si lamenta però Bedogni, chiedeva di rispettare l’ordine di arrivo delle pratiche, mettendo in crisi il business illegale. —