Gazzetta di Reggio

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Strage in tribunale La Cassazione condanna lo Stato al risarcimento

Tiziano Soresina

Chiusa la causa civile: un milione e mezzo di euro ai familiari L’avvocato Cataliotti: «Ottenuta giustizia dopo tanti anni»

23 agosto 2018
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REGGIO EMILIA

Lo Stato deve pagare. La Cassazione ha messo la parola “fine” alla causa civile legata alla strage – tre persone uccise e due seriamente ferite – che il 17 ottobre 2007 ebbe come incredibile e cupo scenario il nostro tribunale.



La Suprema Corte – dopo ben undici anni di battaglia legale – ha rigettato il ricorso presentato dal ministero della Giustizia, confermando così la sentenza emessa in Appello a Bologna nel settembre 2015. Quindi ora è cristallizzata l’ingiunzione al Ministero di risarcire – in tutto per un milione e mezzo di euro – i familiari di Arjan Demcolli (freddato, insieme alla sorella Vjosa, dal cognato Clirim Fejzo nell’aula deputata alle separazioni coniugali). Saranno risarciti la moglie (Florentina), le tre figlie (Loretta, Daniela ed Alessandra) e il fratello (Valmir) del defunto Demcolli. Tutti assistiti in questa non facile braccio di ferro giudiziario dall’avvocato Cristina Cataliotti: «Siamo estremamente soddisfatti come studio legale per come si è conclusa questa delicata causa civile – commenta alla Gazzetta l’avvocato – in piedi da tanti anni e l’auspicio è che il Ministero si renda adempiente. I tribunali devono essere luoghi sicuri ed eventi simili non devono più ripetersi. Sono felice – rimarca – anche per mio padre (il noto avvocato Carmelo Cataliotti, scomparso il 30 marzo scorso, ndr) che aveva subito capito qual’era la strada giudiziaria da perseguire a tutela dei familiari della vittima, con l’obiettivo di ottenere giustizia». In quella mattina era fissata in tribunale a Reggio Emilia l'udienza di separazione tra Clirim Fejzo e la moglie Vjosa Demcolli. L'uomo arrivò con una pistola e sparò contro la moglie e il cognato Arjan Demcolli, uccidendoli. A fermare il killer furono due agenti che, dopo essere rimasti feriti, spararono e uccisero Fejzo. Nella sparatoria rimase gravemente ferita anche il legale che tutelava la donna in questa separazione, cioè l'avvocato Giovanna Fava. Nella sentenza la Cassazione mette un punto-fisso su alcune questioni relative alla sicurezza nei tribunali. «Appare opportuno evidenziare – si legge nella sentenza emessa dal collegio giudicante presieduto da Uliana Armano – la peculiarità dei luoghi dei quali si discute, poiché il palazzo di giustizia non può essere ritenuto equipollente a qualsiasi altro edificio pubblico, in quanto si tratta di un luogo caratterizzato, proprio per le attività espletate, da una naturale conflittualità. Il luogo di composizione dei conflitti civili o di accertamento dei fatti da reato è istituzionalmente il palazzo di giustizia e ciò non consente di sostenere che l’obbligo di protezione dell’incolumità dei presenti all’interno di tali edifici possa essere realizzato con modalità equivalenti a quelli di altri uffici pubblici».



Poi la Suprema Corte va ancora più nello specifico: «L’omicidio si è verificato in tribunale e tale edificio non era protetto dall’installazione di metal-detector o di un adeguato controllo all’interno dei locali. Se tali meccanismi di prevenzione fossero stati adottati l’evento non si sarebbe verificato». Non ha avuto un seguito giuridico il tentativo del Ministero di far ricadere la responsabilità delle mancate misure di sicurezza sul Comune di Reggio Emilia, proprietario dell’immobile. —