Gazzetta di Reggio

Reggio

Aemilia, slittano al 29 aprile le motivazioni del verdetto

Tiziano Soresina

Stesura molto complessa, si va verso la proroga di 90 giorni prevista dal codice La maxi sentenza deve analizzare 120 condanne, 23 assoluzioni e 5 prescrizioni

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Come prevedibile, richiede più tempo la stesura delle motivazioni della storica sentenza di primo grado di Aemilia. Troppo ristretto il termine del 29 gennaio, perciò si va verso la proroga di ulteriori 90 giorni (come previsto dall’articolo 154 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale), con il 29 aprile come nuovo attesissimo d-day giudiziario.

IL PRECEDENTE

Del resto l’estrema complessità delle accuse e delle questioni da affrontare aveva già portato – nel 2016 – ad uno slittamento di 90 giorni delle motivazioni della sentenza di primo grado di Aemilia con rito abbreviato (71 imputati e 32 parti civili) affrontata a Bologna dal gup Francesca Zavaglia. Quindi non poteva essere diversamente in un procedimento ancor più complesso come quello tenutosi a Reggio Emilia.

LAVORO CERTOSINO

I tre magistrati che compongono la Corte (Francesco Caruso che presiede il collegio giudicante e i colleghi Cristina Beretti ed Andrea Rat) stanno lavorando incessantemente sui motivi della sentenza dal 31 ottobre scorso, cioè da quando uscirono dalla camera di consiglio in questura per leggere – nella stipatissima aula-bunker – il maxi dispositivo.

Quel giorno solo per la lettura del dispositivo furono necessarie due ore, figuriamoci quanto tempo occorra per analizzare, fare sintesi e mettere per iscritto le posizioni – una per una – dei ben 148 imputati, fra elementi dell’accusa e difensivi a discarico, documenti giudiziari, richiami giurisprudenziali, verbali d’udienza, intercettazioni agli atti.

Un’operazione certosina – da centinaia e centinaia di pagine da redarre – che richiede decisamente tempo, del resto stiamo parlando di 120 condanne, 23 assoluzioni e 5 posizioni finite in prescrizione. E complessivamente la Corte ha emesso condanne per 1.223 anni di carcere: 898 anni relativi al rito ordinario e 325 anni al giudizio abbreviato (contemplante lo sconto di pena di un terzo). Una complessità che si lega, a monte, a 195 udienze per due anni e mezzo di attività processuale, il che ha “gemmato” circa 300mila pagine di documentazione giudiziaria.

Per la prima volta in Emilia-Romagna è stato costruito un impianto accusatorio a dir poco complesso contro una cosca marchiata ’ndrangheta. Una lista infinita di capi d’imputazione, con l’associazione mafiosa come accusa più grave (contestata a 34 persone), poi in due alla sbarra per concorso esterno in associazione mafiosa e da qui in avanti i reati minori più diversi (estorsione, usura, incendio, danneggiamento, spaccio, reimpiego di soldi di provenienza illecita, bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni, false fatturazioni, truffa).

MAXIPROCESSO AL NORD

Non a caso siamo di fronte al primo grado del processo per mafia più voluminoso, quanto ad imputati coinvolti, mai tenutosi al nord della penisola, secondo in ambito nazionale solo al procedimento incardinato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che si tenne nell’aula-bunker di Palermo negli anni Ottanta. —