«Aemilia, occorre rilanciare la commissione Ue antimafia»
Così l’ex procuratore nazionale ed europarlamentare Roberti al teatro sociale per la presentazione del libro del giornalista Soresina sul maxi-processo
LUZZARA. «La mafia? In Europa di queste cose non si vuole parlare. È una fatica terribile, riproporre la commissione europea antimafia perché nell’Unione si fa ancora poco contro la criminalità organizzata, soprattutto in Germania dove l’ndrangheta si è radicata». A dirlo, alla serata di presentazione del libro del giornalista della Gazzetta, Tiziano Soresina, “I mille giorni di Aemilia. Il più grande processo al nord contro l’ndrangheta” (Aliberti ed.)” è stato l’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Nella sua attività di europarlamentare, Roberti sta tentando di ricostituire la commissione europea antimafia e si sta battendo affinché due membri di una commissione europea, in palese conflitto di interesse, vengano dichiarati incompatibili.
L’ex procuratore è arrivato appositamente da Bruxelles per partecipare alla presentazione, al teatro sociale “Donati” di Luzzara. «Mi piacerebbe portare il libro di Soresina a Bruxelles», ha affermato Roberti.
L’incontro, molto partecipato e con il teatro germito, è stato introdotto dal sindaco di Luzzara Andrea Costa ed è stato moderato dal direttore della Gazzetta di Reggio, Stefano Scansani. Il sindaco Costa, nel salutare i vari rappresentanti delle istituzioni civili e militari, tra cui amministratori mantovani e reggiani, giudici, ufficiali dell’Arma ha elogiato la “reazione” di magistrati e forze l’ordine al fenomeno mafioso ma ha anche ammonito di non “abbassare la guardia”. Il direttore della “Gazzetta di Reggio” ha sottolineato l’impegno civile di Soresina, autore del libro, che ha messo nero su bianco, i fatti raccontati nelle 195 udienze del processo Aemilia, ma ha anche evidenziato la grande forza che ha avuto l’informazione nel pubblicare, giorno dopo giorno, quello che Scansani ha definito “un trauma della società reggiana” e che ha rivoluzionato 40 anni di storia della provincia e non solo.
«Gli anticorpi, in Italia. – ha detto Roberti – sono stati prodotti grazie a magistrati e prefetti di eccezionale valore. Serve anche una mobilitazione di massa. Bene ha fatto la “Gazzetta” – ha continuato l’ex procuratore – a pubblicare gli articoli sul processo Aemilia. Così facendo ha creato un “giornalismo antimafia”. La mafia si alimenta e si arricchisce nel silenzio, nella paura e nell’omertà ovvero nella cosiddetta “contiguità compiacente”. Nessuna categoria è rimasta immune. L’ndrangheta si presenta in maniera benevola offrendo “servizi” e opportunità accettate da troppi. La violenza è solo un’arma di riserva. Per combattere la mafia ci vuole conoscenza, competenza e studio dei vari casi». Il direttore Scansani ha poi chiesto qual’è la percezione oggi del fenomeno mafioso. Per Soresina «tira ancora una brutta aria» e ha aggiunto: «I recenti fatti di cronaca fanno ritenere che ci sia ancora molto da fare».
Dal canto suo l’ex procuratore Roberti ha ribadito: «Compito di contrastare la mafia e il malaffare è lo Stato. L’efficienza e l’efficacia delle istituzioni hanno immediate ricadute sul sentimento di sicurezza dei cittadini. C’è tanto da fare, ma credo che il modello Aemilia può essere riprodotto in altri territori. L’Italia è il paese della legalità sostenibile e cioè dove si rispettano le leggi fino a quando non confliggono con i vari interessi. Lo Stato può sconfiggere la mafia se lo vuole. La legalità costa, ma bisogna investire su persone che facciano applicare le leggi come nel caso della gestione dei beni sequestrati alle mafie. Da due anni c’è un professionista deputato a questo ruolo che attende ancora che vengano assunte 200 persone per la gestione di questi beni di miliardi di euro che potrebbero ritornare ad uso pubblico e sociale».
Poi l’appello di Roberti ai giovani: «Decidete cosa volete fare della vostra vita: se volete essere sudditi o liberi cittadini». Al termine della serata, Tiziano Soresina, mentre firmava i libri venduti, sono uscite alcune “storie” inquietanti: un’ impiegata che a fatica è fuggita da una ditta mafiosa di Gualtieri; una bancaria che vede cose “illegali” in filiale; due ragazze che sognano di fare il magistrato e hanno grandi difficoltà ad avere rapporti sereni con i coetanei calabresi intimidatori. Questo è il radicamento dell’ndrangheta. —
M.P.
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