Grimilde, scagionato l’ufficiale giudiziario «Non si occupò lui del locale sfrattato»
Caso di Romano archiviato, dopo le nuove indagini della Dda La difesa: «Non fu mai corrotto da Salvatore Grande Aracri»
L’inchiesta anti-’ndrangheta che scoppia sul finire del giugno scorso, una delle figure da più lunga data operative nel nostro tribunale che si ritrova nel mirino degli inquirenti come indagato, alcuni mesi dopo l’archiviazione della sua posizione per infondatezza della notizia di reato.
Un incubo, ma a lieto fine, che ha coinvolto nientemeno che un dipendente storico del palazzo di giustizia di Reggio Emilia, cioè l’ufficiale giudiziario 66enne Serafino Romano. L’inchiesta della Dda di Bologna in cui circa nove mesi fa si ritrova all’improvviso coinvolto è quella denominata “Grimilde”: un’ottantina gli indagati, accertamenti molto mirati su Brescello, l’accusa di associazione mafiosa che colpisce la famiglia Grande Aracri che vive nel paese della Bassa.
L’ufficiale giudiziario viene accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. A giugno siamo nella fase di chiusura delle indagini e per gli investigatori il reato sarebbe stato commesso da Romano nel marzo 2011 nell’esercizio delle sue funzioni “perché il pubblico ufficiale – si era letto nel capo d’imputazione – accettava da Salvatore Grande Aracri (classe 1979) la promessa di denaro o di altra utilità per ritardare un atto del suo ufficio, precisamente per ritardare l’esecuzione dello sfratto relativo ai locali siti in Quattro Castella, in via Matildica 12, sede della discoteca Los Angeles”. Era un atto di intimazione di sfratto per morosità (l’esecuzione era fissata per il 20 aprile di nove anni fa) e il “ritardo consentiva alla discoteca Los Angeles di rimanere aperta e quindi a Grande Aracri di ottenere maggiori incassi dall’attività (sino quantomeno il 4 giugno 2011)”. E secondo gli investigatori l’ufficiale giudiziario “riceveva denaro o altra utilità per aver ritardato l’atto del suo ufficio, nell’incontro con Grande Aracri programmato in data 5 maggio 2011”. Imputazione pesante che però si scioglie come neve al sole nel giro di pochi mesi. Lo si intuisce quando si arriva alla richiesta di rinvio a giudizio e l’avvocato difensore Nicola Tria – contattato ieri dalla Gazzetta – spiega come la vicenda abbia preso una strada positiva per il suo assistito. «Il pm Beatrice Ronchi afferma che pur essendovi stati contatti nella prima metà del 2011 fra Salvatore Grande Aracri e l'ufficiale giudiziario, gli approfondimenti investigativi eseguiti, anche in epoca successiva all'esecuzione delle misure nei confronti degli altri indagati, non hanno consentito di ritenere provato alcun accordo corruttivo. Al contrario è emerso – rimarca il legale – che non solo l'ufficiale giudiziario concretamente occupatosi della pratica era un altro (nella cui area di "competenza territoriale" ricadeva l'immobile), ma anche che la proprietà non aveva poi portato ad esecuzione lo sfratto poiché prima della data fissata per l'esecuzione, erano state restituite spontaneamente le chiavi dell'immobile». Con un quadro definitivo simile il pm Ronchi chiede l’archiviazione e la richiesta viene avallata dal gip bolognese Alberto Ziroldi. «La notizia dell’archiviazione – conclude l’avvocato Tria – ha recato enorme sollievo e ha restituito serenità a Romano che, comunque, era ben conscio di non aver mai agito contro la legge e di non aver mai accettato alcunché da chicchessia per ritardare atti d’ufficio». Un periodo davvero terribile, messo definitivamente alle spalle. —