Pd, l’ala di sinistra suona la carica: «Non aprite quelle chiese»
Reggio Emilia, l’appello di nove consiglieri comunali di maggioranza: «Siamo in pandemia: bisogna ascoltare i medici, non la Cei»
REGGIO EMILIA. «Semplicemente hanno vietato alcune pratiche come le messe perché ledono un altro diritto che è quello della salute». E poi: «Siamo in pandemia: bisogna ascoltare i medici, non la Cei». L’attivista e componente del direttivo di Arcigay Fabiana Montanari (Pd), il medico Claudio Pedrazzoli (Pd), la prima consigliera comunale musulmana in Sala Tricolore, Marwa Mahmoud (Pd). E poi esponenti dell’ala sinistra della maggioranza in consiglio comunale: Dario De Lucia (Pd), Davide Corradi (Pd), Christian Vergalli (Pd), Giuliano Ferrari (Pd), Palmina Perri (Reggio È), Paolo Burani (Immagina Reggio).
Sono i nove firmatari di un documento destinato a creare non poco scompiglio in Sala Tricolore, nel quale si chiede di mantenere le chiese ancora chiuse a causa dell’emergenza Coronavirus. Nessuna mozione, nessuna interpellanza. Di fatto, si tratta di un semplice comunicato stampa indirizzato genericamente ai parlamentari, ma nel quale in filigrana viene rimesso al centro del dibattito – senza mai citarlo espressamente – anche il vescovo Massimo Camisasca, fra i principali artefici del protocollo di sicurezza anticontagio che la curia di Reggio ha commissionato per riaprire le messe ai fedeli. E il cui piano per il rilancio di Reggio Emilia, portato in consiglio da Forza Italia, è stato approvato non più tardi di una settimana fa proprio in Sala Tricolore, anche “grazie” a un “non voto” dello stesso Pd, perennemente diviso fra un’ala cattolica e l’ala laica.
GLI ANTEFATTI. Il protocollo anticontagio per poter celebrare le messe al tempo del Coronavirus è stato presentato nei giorni scorsi dalla Diocesi di Reggio alla Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, alle prese con una rovente polemica contro il governo che sembra essere giunta ora ad un accordo di massima, prevedendo il via libera per la riapertura dei luoghi di culto a partire da fine mese. L’accordo è stato raggiunto anche grazie alla sponda che la Cei ha trovato in numerosi parlamentari, a cominciare dal capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, fra i primi a manifestare pubblicamente la necessità «di raccogliere la sollecitazione della Conferenza episcopale e rivedere il divieto per le funzioni religiose anche dopo il 4 maggio».
LE PAROLE NON COnDIVISE . «Alla Chiesa spetta di determinare le modalità di attuazione della libertà di culto, non contrastando le leggi dello Stato», aveva affermato Camisasca presentando la proposta. Ma è proprio questa affermazione a non essere condivisa dai firmatari della nota, che snocciolando i dati nazionali e provinciali dell’emergenza Covid sottolineano come «ad oggi non è stata lesa la libertà di culto di nessuno, lo Stato non ha vietato di pregare o credere».
IL DIBATTITO ALLA CAMERA . «Diverse forze politiche – scrivono i nove consiglieri comunali reggiani – presenteranno alla Camera dei Deputati un emendamento che avvia il percorso normativo per la celebrazione delle messe domenicali e dei riti delle altre religioni. Sia chiaro che basterebbe dire che i problemi del sistema Paese ora sono altri come la situazione di povertà degli under 35, la situazione delle case anziani, la fornitura di mascherine e tanto altro. Volendo però anche affrontare da un punto di vista di merito questa proposta, che asseconda la richiesta della Cei, si può dire che ad oggi non è stata lesa la libertà di culto di nessuno, lo Stato non ha vietato di pregare o credere. Semplicemente hanno vietato alcune pratiche come le messe perché ledono un altro diritto che è quello della salute».
FUNZIONI E ASSEMBRAMENTI. Per i nove firmatari del documento, «le funzioni religiose ricadono sotto la voce “assembramenti” e presentano, come ha riconosciuto il comitato tecnico-scientifico, “criticità ineliminabili”, tra cui il fatto che i fedeli sono quasi tutti anziani e quindi soggetti più a rischio del covid». E ancora: «Considerando inoltre che siamo nel mese di Ramadan sarebbe impossibile evitare gli assembramenti anche nella comunità musulmana».
L’APPELLO . Di qui l’invito ai parlamentari promotori dell’emendamento a fare un passo indietro: «Se vogliamo che i contagiati e i morti calino bisogna evitare le situazioni di contatto sociale, serve pazienza da parte di tutti per l’interesse comune. Stiamo vivendo una pandemia senza precedenti, è compito della politica lavorare con i medici per evitare altri morti e situazioni di pericolo. Sulle questioni sanitarie invitiamo i parlamentari ad ascoltare i medici delle Ausl, il diritto alla salute deve passare in primo piano rispetto a tutto il resto, deve essere la nostra priorità. Noi teniamo alla tutela di tutti i cittadini per questo invitiamo ora a coltivare la propria spiritualità a casa per la salvaguardia di tutti»