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la famiglia 

«Il nostro Youness ci diceva sempre tutto. La vita non sarà più la stessa senza di lui»

Miriam Figliuolo
«Il nostro Youness ci diceva sempre tutto. La vita non sarà più la stessa senza di lui»

Il dolore del padre Moustafa: «Era un bravo bambino. Non capiamo perché si sia allontanato. Ci ha lasciati troppo presto»

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CAVRIAGO. Lacrime e abbracci e un via vai continuo attraverso la piccola porta in legno della casa su tre piani in via Spato 18: amici e parenti si sono stretti alla famiglia Lakhdar, se possibile ancora di più, il giorno dopo la tragedia della morte di Youness, il ragazzino di 12 anni investito da un furgone alle 15 di venerdì sulla via Emilia a Cella, dopo che aveva deciso di non rientrare e a casa da scuola. Sotto una pioggia battente, il padre Moustafa, ha continuato a ricevere persone, a farle accomodare in casa, dove, ai piani superiori la disperazione si amplificava nel dolore inconsolabile della madre con sempre accanto il figlio maggiore Rayan, di un solo anno più grande di Youness. 

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La disperazione
 
Accoglie anche i cronisti Moustafa e racconta, con la voce spezzata e portandosi, più volte le mani, al volto tra le lacrime. È la sua disperazione che parla.
 
«Stavo rientrando dal lavoro quando mia moglie mi ha detto che nostro figlio non era tornato. Di solito ci metteva 5 minuti a rientrare. Poteva capitare che si attardasse con qualche compagno, ma tornava sempre a casa, puntuale. Siamo andati dai carabinieri. Lo abbiamo cercato ovunque: sono andato fino a Reggio. Poi mi hanno chiamato i carabinieri e mi hanno detto di raggiungerli subito. Mai avremmo pensato a una cosa del genere... Era un bravo bambino, sempre pronto ad aiutare a casa, attento e disponibile con tutti. Non aveva preoccupazioni. Qualche voto un po’ più basso di altri non era motivo che ci preoccupasse. Youness non ci ha mai dato alcun pensiero. Se succedeva qualcosa tornava a casa e se ne parlava, si confidava con me, con mia moglie, con suo fratello. Non so perché abbia deciso di allontanarsi. Cosa gli sia venuto in mente. Così lontano, poi: fino a Cella a piedi... Se ne è andato troppo presto! Non so cosa abbiamo fatto di male... Ora la nostra vita non sarà più la stessa».
 
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Il suo sorriso
 
Il ragazzo giocava a calcio in una società sportiva locale, la Pratina, e in una comunità piccola e coesa come quella di Cavriago era conosciuto da tutti. Si è sempre distinto per la sua simpatia, il suo sorriso aperto e contagioso. Nessuno si dà una spiegazione del perché abbia voluto allontanarsi tanto, se non scavando nei ricordi della propria adolescenza, di quel momento in cui ti affacci alla vita e guardi agli adulti in modo nuovo, sentendo di poterti ritagliare uno spazio tuo, diverso e più “importante”, con la voglia di crescere che preme dentro di sé.
 
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La famiglia Lakhdar ha alle proprie spalle una storia di emigrazione che, grazie all’impegno e al lavoro, si è trasformata in una storia di integrazione piena. Riconosciuti sono la laboriosità del padre Moustafa e l’attenzione e l’amore della madre e del marito per i propri figli, nati a un anno di distanza l’uno dall’altro e cresciuti in paese. «Sono venuto in Italia nel ’94 – racconta con orgoglio Moustafa – lavoro nei prefabbricati, sono dipendente della Modulcasa Line, l’azienda che ha costruito anche l’aula bunker nel palazzo di Giustizia di Reggio Emilia, e reparti Covid negli ospedali di Baggiovara, Modena...».
 
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Il tono e la voce di Moustafa parlano di sacrifici, ma anche di tante soddisfazioni e dell’orgoglio per quanto fatto finora. «Mia moglie mi ha raggiunto qui nel 2006. L’anno successivo è nato Rayan, poi è arrivato Youness. Amiamo i nostri ragazzi. Non gli facciamo mancare niente», prosegue e chiede e si domanda ancora tante volte: «Perché? Perché?...».
 
La solidarietà
 
La solidarietà è stata immediata per i Lakhdar fin dai primi momenti. «Ci sono stati tutti tanto vicini – dice Moustafa –. Ci ha telefonato anche la sindaca Bedogni ieri. Hanno partecipato tutti alle ricerche. Ringraziamo di cuore».
 
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Il funerale del 12enne per ora non può essere programmato. La salma, ricomposta all’obitorio dell’ospedale di Reggio Emilia, è sotto procura e verrà svolta l’autopsia. I tempi dunque, necessariamente, si dilateranno. 
La funzione comunque si svolgerà nella moschea di Montecchio, poi la salma sarà inumata, secondo la tradizione musulmana, nell’area islamica del cimitero di Cavriago. Ma il tutto potrebbe non avvenire in tempi brevi.
Nel frattempo non si fermerà la solidarietà dell’intero paese che piange, insieme ai Lakhdar, per la perdita di questo suo figlio. —
 
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