Gazzetta di Reggio

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Sarcone sfuggì alla morte Bellini l’aveva nel mirino ma lo confuse con Truzzi

Tiziano Soresina Francesco Dondi
Sarcone sfuggì alla morte Bellini l’aveva nel mirino ma lo confuse con Truzzi

L’ordinanza del gip Ziroldi rivela chi era il vero obiettivo dell’omicidio del 1999 L’errore sul nomade: auto dello stesso colore e targa simile a quella del cutrese 

14 marzo 2021
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reggio emilia. Quello che ora viene considerato dalla Dda di Bologna il nuovo reggente del clan ’ndranghetista emiliano, cioè il 59enne Giuseppe Sarcone Grande, è praticamente un miracolato.

La rivelazione arriva dall’ordinanza del gip Alberto Ziroldi che tira in ballo gli anni insanguinati a cavallo fra il 1998 e il 1999, in cui si susseguirono a Reggio Emilia omicidi ed attentati, fra cui il delitto del nomade Oscar Truzzi, freddato il 16 aprile 1999 mentre era in sosta dentro alla sua Mercedes in viale Ramazzini. Un assassinio subito apparso inspiegabile, perché poi si scoprirà tragicamente commesso per errore dal killer reggiano Paolo Bellini, al tempo braccio armato di chi si stava contrapponendo – in un’autentica guerra di ’ndrangheta – al clan Dragone allora dominante. “È giudizialmente accertato – scrive il gip bolognese Ziroldi – che l’omicidio dello sfortunato Truzzi sia stato consumato per errore da parte di Bellini, il cui obiettivo era per l’appunto Giuseppe Sarcone Grande. La sentenza della Corte di assise di Reggio Emilia conferma che Truzzi era stato ucciso per una semplice fatalità, essendosi trovato alla guida di un autoveicolo dello stesso tipo e colore della vittima designata”. Da brividi le parole, in Assise, dello stesso Bellini durante quel processo chiusosi nel 2002: «L’omicidio Truzzi è stato un errore colossale, globale – entrò nel merito la Primula nera – è stata una uccisione inutile, è stato il massacro di un uomo che non aveva nulla a che fare con noi per una leggerezza, non piccola, per una leggerezza che non doveva esserci». E in quell’udienza incolpò un coimputato (Vincenzo Vasapollo) d’aver scambiato l’auto di Truzzi (stesso color crema, stessa sigla iniziale della targa) per quella di Sarcone, indicandogliela mentre passavano da viale Ramazzini: «In quel periodo – aggiunse Bellini nella deposizione – andavamo cercando due persone che se la facevano in un bar di via Antonio Veneri, dopo parecchi appostamenti non riuscivamo mai a trovare il momento opportuno per eliminarli».

Un altro episodio significativo ricostruito dagli investigatori e riguardante Sarcone Grande è il piano per realizzare una sala slot in via Emilia Ovest 698 a Modena. Un progetto caparbio, con diversi colletti bianchi al servizio del boss. Ma il Comune di Modena è intransigente e una serie di errori burocratici (errata pratica edilizia e mancato cambio di destinazione d’uso) faranno sfumare il piano. Eppure Sarcone Grande (dimostrando “capacità di infiltrazione nel tessuto politico amministrativo”, scrivono gli inquirenti) non demorde, partecipa ad una cena insieme ad un paio di ristoratori modenesi: uno viene rapidamente congedato per incapacità manifesta, l’altro invece è colui che allerta il sindaco Gian Carlo Muzzarelli.

In teoria avrebbe dovuto intercedere per il gruppo criminale e sbloccare tutto, ma diventa invece colui che manda all’aria il progetto. Il sindaco di Modena capisce la situazione e non fa finta di niente, anzi chiama subito il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri e segnala la cosa. «Non ci ho pensato un attimo ad avvisare i carabinieri – dice Muzzarelli – bisogna avere le antenne sempre dritte e, quando qualcosa suona strano, sappiamo di poter contare su istituzioni in grado di verificare». —

Tiziano Soresina

Francesco Dondi

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