Timori sull’etichetta che penalizzerà le eccellenze della tavola emiliana
L’Emilia-Romagna parte attiva nella lotta al “semaforo” che boccerebbe gli ingredienti della dieta mediterranea
REGGIO EMILIA. Cibi buoni e cibi cattivi, l’Italia non ci sta e nemmeno l’Emilia-Romagna con i suoi 44 prodotti a marchio Dop e Igp. In Europa è in corso una battaglia dai risvolti tattici per il mercato alimentare, sottotraccia e poco conosciuta dai cittadini comunitari, anche se saranno proprio loro i primi a vederne gli effetti tra gli scaffali dei supermercati di tutta Europa e nella spesa alimentare. Succede che nell’ambito della strategia “Farm to Fork” promossa dall’Ue per la produzione e il consumo più consapevole e sostenibile del cibo, la Francia abbia proposto per prima l’introduzione del cosiddetto Nutriscore, un sistema che dovrebbe in teoria valutare ciò che mangiamo e che si avvale della tavola cromatica per stabilire quali sono i cibi che fanno male e quali no. Pollice alzato o verso attraverso i colori verde o rosso e le prime lettere dell’alfabeto, come a dire cosa passa e cosa invece diventa rosso e in categoria D o E, e non va proprio mangiato, con decisione che la Commissione Europea è chiamata a ratificare entro il 2022.
Un messaggio che rischia di bocciare la dieta mediterranea e mette “dietro la lavagna” prodotti italiani Dop di grande qualità e conosciuti in tutto il mondo come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma o l’olio d’oliva, rei di contenere grassi, promuovendo invece senza indugi bibite gassate a zero zuccheri e altri prodotti simil-sofisticati; un sistema semplicistico e fuorviante a detta del Governo italiano.
Al Nutriscore francese stanno aderendo formalmente Germania, Lussemburgo, Belgio, Olanda, cioè Paesi che contano nell’economia dei pesi e contrappesi degli equilibri europei, come contano le grandi multinazionali della grande distribuzione organizzata tedesca e francese fortemente interessate a conquistare pezzi di mercato italiano dell’agroalimentare, un settore che nel nostro Paese vale 522 miliardi di euro e rappresenta il 15% del Pil nazionale (dati: Crea) e che vedono nel Nutriscore una felice opportunità contro i competitor di sempre.
Che per l’Italia sia una battaglia in salita, lo dimostra la nascita nel continente europeo di un coordinamento “pro Nutriscore” di cui fanno parte scienziati e nutrizionisti di diversi Paesi, scatenando la dura presa di posizione del neo ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli, che ha definito il Nutriscore «un pericolo reale che potrebbe compromettere il sistema agroalimentare italiano».
La controproposta italiana al Nutriscore si chiama Nutrinform Battery e si basa sull’illustrazione nelle confezioni degli alimenti di una batteria dove è riportata proporzionalmente la giusta quantità dei nutrienti per il consumo quotidiano: come a dire non esistono cibi che fanno male, ma serve invece attenzione sulla varietà nutrizionale e sulle quantità di consumo per scongiurare obesità o malattie croniche. Un sistema, quello del Nutrinform, promosso dall’Italia assieme ai protagonisti della filiera agroalimentare nazionale e che ha convinto nel frattempo Grecia, Repubblica Ceca, Cipro, Ungheria, Lettonia e Romania. —
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