Gazzetta di Reggio

Reggio

Al presidio pro diga ci sono gli agricoltori che soffrono la siccità

La manifestazione pro gida di Vetto alla quale hanno partecipato anche agricoltori e allevatori
La manifestazione pro gida di Vetto alla quale hanno partecipato anche agricoltori e allevatori

Vetto, in diciotto si sono trovati ieri per ribadire il sì all’impianto. Franzini: «No a un nuovo progetto che allungherà i tempi»

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VETTO. Vogliono la diga di Vetto, la vogliono maxi (quella con invaso da oltre 100 milioni di metri cubi di acqua) e la vogliono subito. «Se parte un altro progetto per una diga più piccola – è il ragionamento – bisogna aspettare altri cinque anni ma noi dell’acqua abbiamo bisogno subito». Il “noi” è il gruppo di sostenitori, senza se e senza ma, dell’invaso sull’Enza (già riuniti in comitato) ai quali ieri si sono aggiunti agricoltori e titolari di caseifici importanti. Totale: 18 persone che la mattina di domenica 18 luglio, un po’ su trattori e un po’ no, hanno raggiunto il parcheggio di Cerezzola di Canossa per una manifestazione pubblica alla quale – promettono – ne seguiranno molte altre, a partite dal primo e dal 16 agosto.

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«Il fatto importante di ieri – spiega Lino Franzini, profondo conoscitore di dighe e presidente del comitato a favore dell’invaso – è che hanno partecipato per la prima volta i diretti interessati alla questione della difficoltà, nei mesi estivi, all’approvvigionamento di acqua: gli agricoltori». E infatti, tra gli altri, erano presenti Giuseppe Grasselli dell’omonima azienda agricola di Cella a Reggio, socio di Confagricoltura e consigliere del cda della Bonifica; Enrico Mori dell’azienda agricola Futura di Cavriago, presidente del caseificio Nuova 2000 anche lui nel cda della Bonifica; gli allevatori Matteo Govi, presidente del Consorzio irriguo privato di Bibbiano e Paolo Prandi, presidente del caseificio Moderna di Bibbiano, oltre a Franzini e Umberto Beltrami, presidente del Consorzio di Bibbiano.

Tre le tesi portate avanti dal gruppo di sostenitori della maxi diga: la prima è quella relativa alle conseguenze dei cambiamenti climatici, ovvero la siccità, arginabili solo – secondo loro – con una riserva di acqua importante cui attingere nei mesi estivi «quando l’acqua – dicono – diventa indispensabile per le colture». La seconda riguarda lo stato delle acque del Po rispetto a quelle dell’Enza «e per dimostrare che l’inquinamento è più forte in Po – dicono – porteremo i risultati delle analisi». La terza riguarda l’acqua irrigua per la Val d’Enza, pompata dal Po, nel quale confluiscono 290 metri cubi di acqua del torrente Enza, che poi vengono ripompati, dal basso verso l’alto, grazie all’impianto di Boretto. La tesi è: sfruttiamo il naturale corso dell’Enza facendo la diga.