Lambrusco, produzione giù fino al 40%. «Tutta colpa del clima ormai impazzito»
Vendemmia al via prima di Ferragosto in Emilia-Romagna. Confagricoltura: «Passati dalla siccità fino alla grandine»
REGGIO EMILIA. Il clima impazzito lascerà di sicuro un segno meno anche nella produzione di uve a bacca bianca e rossa in Emilia-Romagna. «Si parte prima di Ferragosto, con la vendemmia dei bianchi base spumante, ossia Chardonnay, Sauvignon Blanc e Pinot. È atteso un calo produttivo medio del 20-30% in Emilia-Romagna, con picchi fino al 40% nella zona del Lambrusco e nella Bassa Romagna, e differenze significative tra areali in base all’intensità dei fenomeni atmosferici quali ondate di gelo, grandinate e siccità, che hanno colpito a macchia di leopardo il territorio regionale». La stima è del presidente della sezione vitivinicola di Confagricoltura Emilia Romagna, Mirco Gianaroli, è rapportata alla super produzione dell’anno scorso che ha superato i 6,6 milioni di quintali (+14, 7% sul 2019). L’Emilia-Romagna è la terza regione d’Italia per quantitativi di vini prodotti, dopo Veneto e Puglia, e la quinta per superficie vitata (52.035 ha totali nel 2020).
Nel Reggiano, la raccolta partirà in ritardo di almeno dieci giorni con un crollo di produzione vicino al 25% sia per il Lambrusco che per l’Ancellotta (vitigno molto diffuso in provincia), per via delle gelate primaverili e della crisi idrica tuttora in corso. Lievemente inferiore è il danno previsto sulle uve Spergola, pari ad un meno 15-20%.
In linea con Reggio, anche Modena conferma la scarsa produzione. A risentirne di più è la collina dove persiste la carenza d’acqua. Soffre, in particolar modo, il Lambrusco Grasparossa, peraltro già fiaccato dalle gelate di aprile, fino a mettere in preventivo una riduzione del 30-35%. Nello specifico, le grandinate hanno duramente colpito gran parte l’areale del Grasparossa (Formigine, Maranello, Spilamberto e alcune frazioni di Castelvetro di Modena) e quello del Lambrusco di Sorbara (Bomporto, Carpi e zone limitrofe), come pure la zona dei bianchi - Pignoletto, Montù e Trebbiano – soprattutto a Castelfranco e a Carpi.
La vendemmia sarà di qualità nel Piacentino seppur con una riduzione dei volumi stimata intorno al 15-20% a causa di eventi calamitosi improvvisi come la recente grandinata. L’areale di Parma, sicuramente il più danneggiato dall’ultima tempesta, vede tuttavia risparmiata buona parte della pedecollina che ospita il maggior numero di vigneti, in primis le cultivar Malvasia di Candia, Ancellotta e Lambrusco - tra cui i cloni Maestri, Salamino e Grasparossa -, che hanno comunque subito una perdita del 15% circa.
In provincia di Bologna ci si aspetta un calo del 20% e forse anche più per il Pignoletto, tra gelate, grandine e siccità, con danni ingenti alle produzioni nelle zone di Malalbergo, Altedo e Baricella, in alcune aziende persino del 80-90%. Ci sono poi forti timori sulla resa delle uve a bacca rossa (Cabernet, Barbera e Merlot) pronte per la vendemmia a metà settembre: se la fase siccitosa si protrarrà, la diminuzione potrebbe superare il 20%. Invece, per quanto concerne le varietà precoci (basi spumante), quali Pinot e Chardonnay, la perdita stimata è inferiore e cominciano adesso i primi campionamenti. Nella Bassa Romagna, e nel Ravennate, si stima mediamente un deficit produttivo del 30-40% per quei viticoltori che ai danni delle gelate primaverili devono sommare quelli della grandine. —
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