Simone Corsini diventa un "gigante" del trail mondiale
TOANO In tre giorni e mezzo ha corso a piedi più di 300 chilometri di filata in montagna affrontando un dislivello di 24mila metri e tagliando il traguardo in 82 ore e 454 minuti, arrivando quinto su 833 concorrenti giunti al cancello di partenza di Courmayeur per il "Tour dei Giganti" da 67 diverse nazioni. E tutto questo il podista reggiano Simone Corsini lo ha fatto concedendosi solo mezzora di sonno e avendo come ammiraglia un camper partito dalla sua Toano con dentro i suoi genitori, la sorella e lo zio, che lo hanno assistito durante la Tor des Géants, ritenuta la gara endurance più dura al mondo.
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«I più stanchi alla fine erano loro, non io» scherza con una nota d’affetto Simone, 28 anni, che di professione fa l’insegnate di laboratorio di scienza applicata all’elettronica all’istituto Cattaneo di Castelnovo Monti ma che del trial nella sua versione estrema ha fatto una scelta di vita. E altro non potrebbe essere per questo ragazzo dell’Appennino reggiano, alto 1 metro e 83 per 64 chili, che quando non è in classe è fuori che corre in pendenza o in sella alla sua bici da strada. Un’abnegazione necessaria per poter affrontare le gare dove i più partecipano per vedere se arrivano in fondo. Simone invece ha compiuto l’impresa, l’ennesima in realtà ma questa le batte tutte. Mercoledì sera alle 21 ha tagliato il traguardo a Courmayeur, da dove era partito per affrontare di corsa - con il solo aiuto delle bacchette - le due Alte Vie della Valle d’Aosta con partenza ed arrivo a Courmayeur per un totale di circa 330 chilometri, 24.000 metri di dislivello positivo, seguendo per prima l’Alta Via numero 2 verso la bassa Valle e ritornando per l’Alta Via numero 1.
Un percorso di una bellezza unica dal quale Simone si è ispirato per cercare linfa per la sua testa, che in queste gare serve più delle gambe: «Quando devi correre quella distanza stai sicuro che il fisico ti abbandona molto presto. Tutto il resto della gara la fai solo con la spinta della testa» racconta Simone mentre lo raggiungiamo al telefono. È ancora in Val d’Aosta con i suoi per qualche giorno di riposo prima di tornare a Toano, dove ha coltivato la passione per uno sport poco praticato da noi: «In Italia è poco riconosciuto rispetto a Spagna e Francia, dove gli sportivi sono molto più supportati e dove è più facile migliorarsi agli alti livelli dedicandosi solo a quello. Io invece devo conciliare sport e lavoro ma per fortuna essere insegnante mi permette di avere momenti liberi. Due-tre ore al giorno durante la settimana e in maniera più intensa durante il weekend».
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Una grossa mano a Simone giunge dalla Atletica Mds di Sassuolo. Il resto, però, è tutto autofinanziato, nemmeno uno sponsor o un paio di scarpe nonostante i risultati. «In rapporto alla difficoltà e all’importanza il quinto posto alla Tor des Géants è certamente il mio risultato più importante» dice Simone che nel 2019 era arrivato primo alla 59 chilometri Dolomiti Extreme Trail, e quest’anno era già arrivato secondo alla GTC100, trail da 100 chilometri sempre tra le montagne attorno a Courmayeur. Un crescendo che con il risultato della Tor des Géants fa comprendere come Reggio Emilia abbia scoperto di avere un campione in casa, cresciuto sottotraccia. «La mia passione è arrivata durante l’università. Prima giocavo a calcio nelle squadre della nostra montagna ma a Bologna potevo solo correre per mantenermi in forma. Poi mio zio, Fabio Caselli, ex giocatore della Reggiana, mi ha tirato dentro a questo sport. Dopo appena tre mesi ho corso la maratona di Reggio e mi sono distrutto. Poi ho imparato e ho visto che correre e raggiungere risultati mi riusciva senza troppa fatica».
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Ma la corsa in montagna è assai diverso dal podismo su strada, come sa bene Simone, che ha dovuto forgiare fisico e mente per affrontare gare di corsa che sembrano infinite, con sali e scendi continui, eseguite anche di notte, col maltempo e quant’altro. La domanda che gli rivolgono spesso, è perché lo faccia, vista la fatica abnorme, in grado di mettere ko anche gli atleti più temprati. «Io sono sempre stato appassionato di montagna. Poi, certo, questa gara porta all’estremo la forza di volontà perché la fatica è immensa. Quando corro 100 chilometri ad esempio perdo 4 chili. In questa gara mi sono fermato solo per mangiare riso in bianco e cambiarmi le scarpe. Il recupero poi è complesso».
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Ora, con questo risultato, Simone scala la classifica dell’International Trail Running Association (Itra), piazzandosi tra i primi 100 al mondo e tra i primi 5 in Italia. «Ora mi riposo, l’impatto sul fisico è importante. Farò solo qualche uscita leggera per riprendere forte questo inverno. Quando mi vedono correre sotto la neve o per tutti quei chilometri mi chiedono sempre “perché lo fai” ma l’unico a non porsi quella domanda sono proprio io. Ormai tutto questo è parte di me».
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