Affidi, inchiesta anche a Torino «Ma noi non siamo Bibbiano»
Fra gli indagati Nadia Bolognini. L’assessore torinese Rosatelli si smarca dal caso della Val d’Enza
REGGIO EMILIA. Verificare se nella lunga procedura che porta agli affidi dei minori siano emersi profili legati ai rapporti pregressi con i genitori dei bambini, che potrebbero avere indotto le scelte del tribunale dei minorenni. È l’obiettivo della Procura di Torino, che ha iscritto nel registro degli indagati tre persone: una coppia di donne che ha avuto in affido due bimbi nigeriani, fratello e sorella, accusate di avere maltrattato i piccoli, e la psicoterapeuta Nadia Bolognini, già coinvolta nell’inchiesta “Angeli e Demoni” sugli affidi in Val d’Enza. Una nuova inchiesta sugli affidi, questa a volta a Torino, riaccende i riflettori sul “caso Bibbiano”, tirato ripetutamente in ballo dalle polemiche innescate da queste nuove indagini. I carabinieri hanno perquisito l’abitazione della donna, sequestrando cellulare e pc. Nei suoi confronti l’ipotesi di reato è concorso in falso ideologico in atto pubblico.
I fratellini erano stati allontanati dalla famiglia d’origine che versava in precarie condizioni economiche, e affidati alla coppia, che per otto anni avrebbe maltrattato i bambini. I magistrati vogliono ora verificare se i piccoli abbiano subito condizionamenti, come viene contestato nei casi legati alla Val d’Enza. A complicare l’inchiesta una denuncia per violenza sessuale nei confronti del padre dei piccoli. L’inchiesta torinese punta la luce ancora sulle modalità di affido di minori. I carabinieri hanno notificato due divieti di avvicinamento nei confronti della coppia di donne che hanno preso in affido i due bambini che – secondo la ricostruzione dei magistrati – sarebbero stati maltrattati per anni, dal 2013 al 2021. La terza persona indagata è l’ex moglie di Claudio Foti, considerato il guru del centro Hansel e Gretel di Torino e da poco condannato a 4 anni di carcere nell’abbreviato di primo grado a Reggio per le manipolazioni psicologiche sui bambini dati in affido.
Di fatto la procura di Torino ha chiesto di verificare se nella procedura che porta agli affidi dei minori siano emersi profili legati ai rapporti pregressi con i genitori dei bambini, che potrebbero avere indotto le scelte del tribunale dei minorenni. È questo l’obiettivo dei magistrati che hanno iscritto tra gli indagati le tre donne.
«Mentre seguo con attenzione lo sviluppo delle indagini della Procura di Torino in materia di affidi, confermo la mia fiducia nell’operato dei Servizi sociali della Città di Torino, che da sempre rappresentano un modello positivo per l'affermazione e la tutela dell'interesse superiore dei e delle minori» dice però l’assessore alle Politiche sociali della Città di Torino, Jacopo Rosatelli, che invita a «evitare di evocare analogie con il cosiddetto “caso Bibbiano”, utili a costruire polveroni mediatici ma non a risolvere eventuali problemi». Ad oggi sono almeno 14 gli affidi di minori sospetti denunciati però dall’assessore agli Affari legali della Regione Piemonte, Maurizio Marrone, promotore della Commissione di indagine del Consiglio regionale del Piemonte sul sistema regionale di segnalazione e presa in carico dei minori. Tra questi casi, quella di una madre, in crisi con il compagno, cui era stata tolta la bambina perché la piccola aveva assistito a discussioni violente. La minore era stata immediatamente collocata in una famiglia affidataria, nonostante uno zio materno e i nonni ne avessero chiesto l’affido. Nelle relazione dei servizi sociali, secondo quanto ricostruito da Marrone, si parlava di sospetti abusi riferiti ma mai verificati e non c’erano querele o referti.
A seguire questo caso era stato un’equipe mista di assistenti sociali-psicoterapeuti, socia del consorzio cui aderivano anche il centro Hansel e Gretel e i servizi sociali dell’unione Val d’Enza. Secondo la segnalazione, l’assistente sociale che aveva firmato il provvedimento partecipava ai convegni organizzati da Foti. Un altro caso segnalato da Marrone è quello di una giovane madre messa in comunità dai servizi sociali insieme ai tre figli per presunti maltrattamenti del compagno. I bambini furono tolti alla madre e affidati ad un'altra famiglia, nonostante la disponibilità della zia materna ad accoglierli. Decisione presa dopo una relazione che pone tra i motivi della dimissione della famiglia dei post pubblicati sui social dalla madre sui fatti di Bibbiano, in quella che viene definita nella relazione una «campagna di contestazione sui social network, accuse contro i Servizi, denigrazione della comunità».
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