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Condanna di Claudio Foti, il gup: "Ha provocato sofferenza e disagio"

Condanna di Claudio Foti, il gup: "Ha provocato sofferenza e disagio"

Reggio Emilia: depositate le motivazioni della sentenza sullo scandalo affidi in Val d'Enza, il giudice De Luca ritiene lo psicoterapeuta _ condannato per lesioni dolose gravi _ colpevole anche di abuso d'ufficio per un affidamento del servizio avvenuto «in spregio alle specifiche regole di condotta contenuta nelle normative in materia»

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REGGIO EMILIA. Scrive di non voler neppure evocare il cosiddetto “sistema Bibbiano” il gup del tribunale di Reggio Emilia Dario De Luca, che l’11 novembre 2021 ha condannato lo psicoterapeuta Claudio Foti a quattro anni di reclusione per abuso di ufficio e lesioni dolose gravi, lo ha assolto dalla frode processuale (così come è stata assolta con formula piena l'assistente sociale Claudia Benati), mentre 17 persone sono rinviate a giudizio.

Secondo il giudice, le modalità con cui il “guru” della onlus Hansel & Gretel conduceva le sedute di terapia "riuscirono «innegabilmente» ad alterare lo stato psicologico di una quindicenne «convincendola della malignità del padre». Si generarono in lei una «grandissima sofferenza e un fortissimo disagio» tali da condurla, nel 2018, «completamente fuori controllo». Lesioni psicologiche, dunque. Il contrario dell'obiettivo terapeutico.

«Si può senz'altro ritenere dimostrato» sulla base degli atti e dell'udienza preliminare _ aggiunge il giudice De Luca nelle motivazioni della sentenza _  che «le investigazioni, meticolosamente svolte dai carabinieri di Reggio Emilia» abbiano permesso di «disvelare una complessa, continuativa e insistita attività illecita legata al delicato tema degli affidi di minorenni, di competenza dell'Unione Comuni Val d'Enza». Attività delittuose «svolte anche in forma concorsuale, da parte di alcuni degli imputati».

ABUSO D'UFFICIO. Il servizio di psicoterapia venne affidato «di fatto» dall'Unione Comuni Val d'Enza alla Sie srl/Hansel & Gretel, facente capo a Claudio Foti, «in spregio alle specifiche regole di condotta contenuta nelle normative in materia». È la conclusione del Gup Dario De Luca, nel motivare la sussistenza dell'abuso di ufficio contestato allo psicoterapeuta. Senza dubbio, per il giudice di Reggio Emilia, Foti, concorrente esterno del reato, partecipò attivamente alla realizzazione di questo affidamento che gli ha consentito di «procurarsi un ingiusto vantaggio patrimoniale». Un reato di cui risponde, in concorso, anche il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, rinviato a giudizio.

Il vantaggio per Foti è consistito, riassume il gup, nella percezione indebita di denaro pubblico, fatturando il prezzo di 135 euro per ogni seduta oltre che nell'utilizzo dei locali de "La Cura" (struttura pubblica) senza averne titolo, locali ai quali invece gli psicoterapeuti della Onlus Hansel e Gretel avevano libero e incondizionato accesso. Il giudice descrive anche il «cervellotico, certamente inusuale», sistema attraverso cui veniva retribuita la psicoterapia, cioé con fatture per le sedute emesse nei confronti delle famiglie affidatarie, che pagavano alla Sie srl il corrispettivo indicato, ricevendo poi dal servizio sociale un contributo mensile maggiorato del costo sostenuto per la terapia.

Per il giudice Foti era «certamente e pienamente consapevole dell'illegittimità del servizio di psicoterapia», dei prezzi praticati per ogni seduta e «della stranezza del meccanismo ideato per i pagamenti».

LA DIFESA. «Si tratta di una sentenza straordinariamente breve, in relazione alle molteplici questioni controverse in fatto e in diritto che ha posto il processo _ basti pensare che il pm ha depositato una memoria di 278 pagine per supportare le sue accuse _ e la brevità non è qui sinonimo di chiarezza, quanto piuttosto di un esame solo sommario dei fatti e delle questioni giuridiche sul tavolo, maldestramente risolte».

È il commento dell'avvocato Giuseppe Rossodivita, difensore di Claudio Foti. Per il difensore dal deposito della motivazione, 47 pagine, «traspare evidente una pregiudiziale, apodittica e convinta (e per questo poco convincente) adesione alle tesi dell'accusa, una costante e fuori luogo denigrazione della difesa e dei suoi consulenti, piuttosto che una confutazione delle argomentazioni e dei rilievi posti durante tutto il corso del processo».

Della sentenza, ora, «si occuperanno i giudici della Corte di Appello di Bologna, ma quel che più preoccupa è proprio il substrato culturale che ha animato il giudizio».