Il Lambrusco contro l'Europa: «No al bollino nero sul vino, sì ad etichette trasparenti»
Giuseppe Prestia di Unindustria e Venturini Baldini invita a cogliere la sfida. Alicia Lini: «Il Lambrusco ha grande bevibilità perché ha una bassa gradazione»
REGGIO EMILIA. «Il “bollino nero” e l’associazione tra il vino e il cancro non hanno senso. Detto questo, noi produttori di qualità dobbiamo compiere un passo in avanti per rendere le etichette più trasparenti e ricche di informazioni e promuovere il consumo consapevole». Giuseppe Prestia, presidente del Gruppo Agroalimentare di Unindustria e titolare, insieme alla moglie Julia, della tenuta Venturini Baldini di Roncolo, affronta il tema del “bollino nero”, in votazione al Parlamento di Strasburgo, senza alcuna preclusione.
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«Il problema, come spesso accade - dice l’imprenditore - è che queste discussioni prendono una piega ideologica. Magari si parte da un punto di vista anche condivisibile e poi si arriva a introdurre norme con il paraocchi. Sicuramente è un bene discutere su come migliorare le etichette delle bottiglie di vino. Ben vengano le informazioni nutrizionali, ad esempio sulle calorie. Non è nemmeno sbagliato, come si fa in altri casi, introdurre delle avvertenze sul consumo moderato».
Quello che Prestia non accetta, invece, è bollare il prodotto come nocivo tout-court. «È come dire che il Parmigiano Reggiano o qualsiasi altro alimento fa male. Il punto, ovviamente, sta sempre nella dose, nella quantità».
Il consumo di vino in Italia, come in tanti altri Paesi, è stabilmente in declino da decenni. «Le quantità pro-capite sono sempre meno, ma il fatturato invece cresce. Questo perché c’è una costante ricerca della qualità ed è cambiato il modo di consumare il vino». In pratica, si beve meno ma meglio.
Prestia invita il settore vinicolo a cogliere le opportunità che potrebbero presentarsi anche in questa discussione, nonostante sia partita con il piede sbagliato. «Da produttore di Lambrusco di qualità, lancio questa idea: scriviamo la percentuale di solfiti presente nelle bottiglie. Oggi le etichette indicano soltanto che nel vino ci sono i solfiti, ma non si fa distinzione tra chi ne usa tanti e chi il minimo indispensabile».
La riduzione dell’uso dei solfiti nelle fasi di produzione è una delle tendenze in atto da tempo e a beneficiarne è, oltre alla salute, il gusto, dato che l’impiego eccessivo di questo conservante ha come effetto quello di standardizzare il vino.
Il titolare di Venturini Baldini sottolinea un altro aspetto che i produttori emiliani devono saper valorizzare. «Oggi i vini molto alcolici, quelli che hanno 14 gradi, sono sempre meno consumati. La gradazione è progressivamente scesa e tutto il mondo si sta muovendo in questa direzione. C’è un trend salutistico che non dobbiamo ignorare». Una tendenza che tra l’altro vede l’Emilia ben posizionata, dato che i nostri vini sono storicamente più leggeri di quelli di altre zone.
Anche Alicia Lini, della storica cantina di Canolo di Correggio, sottolinea l’aspetto della gradazione. «La popolarità e il crescente successo del Lambrusco dipende anche da questa sua bevibilità, che lo rende un vino di ogni giorno perché non particolarmente alcolico». Pure Lini, ovviamente, guarda con preoccupazione al tema del “bollino nero” sul vino. «Una simile indicazione sarebbe in contraddizione con l’impegno per la qualità che come produttori ci contraddistingue da sempre».
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