Pietrostefani, l’estradizione è ancora appesa a un filo
L’ex dirigente delle Reggiane atteso davanti alla corte d’Appello di Parigi. L’udienza in programma a 50 anni dall’omicidio del commissario Calabresi
REGGIO EMILIA. È in programma mercoledì 18 maggio, davanti alla Corte d’Appello di Parigi, la nuova udienza per l’estradizione del 79enne Giorgio Pietrostefani, l’ex militante di Lotta Continua ed ex dirigente delle Officine Reggiane, che deve scontare 14 anni di carcere perché ritenuto mandante dell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi, ucciso esattamente cinquant’anni fa, il 17 maggio 1972.
A Pietrostefani, che si proclama innocente, sono stati inflitti 22 anni di carcere con una condanna per concorso morale nell’omicidio. L’ultima udienza in Francia si era svolta a fine marzo. E i giudici francesi avevano accolto la richiesta della difesa di rinvio per motivi di salute.
Pietrostefani è nato all’Aquila nel 1943 e aveva abbracciato la militanza rivoluzionaria partecipando alla fondazione di Lotta Continua con Adriano Sofri. La sua vicenda si intreccia con la nostra città perché abbandonò l’estrema sinistra dopo lo scioglimento dell’organizzazione e, grazie alla laurea in architettura e all’avvicinamento al Psi, divenne dirigente delle Officine Reggiane. A Reggio, dove risiedeva, pochi conoscevano i suoi trascorsi politici. Era da tempo impegnato solo nell’attività professionale quando nel 1988 venne arrestato in seguito alla confessione di Leonardo Marino, l’esecutore dell’attentato al commissario Luigi Calabresi che aveva chiamato in causa come mandanti Sofri e Pietrostefani.
Condannato, scontò due anni di carcere. Poi, approfittando della libertà concessagli in attesa della revisione del processo (poi respinta dalla corte d’Appello di Venezia), tra il 1999 e il 2000 si rifugiò in Francia, dove venne accolto grazie alla “dottrina Mitterand”, che considera perseguitati politici gli esponenti minori della lotta armata. Pietrostefani è da tempo gravemente malato e la Francia per anni ha negato la sua estradizione.
Il nome dell’ex dirigente delle Reggiane – insieme a quello di brigatisti e di altri protagonisti dei cosiddetti “anni di piombo” – nel 2021 era stato al centro di un incontro fra la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e il suo omologo francese Eric Dupond-Moretti. Il 28 aprile del 2021 venne quindi arrestato a Parigi su richiesta dell’Italia insieme ad altri 6 ex terroristi, finendo in libertà vigilata.
Pur evitando finora l’esecuzione della condanna per concorso morale in omicidio, l’ex dirigente delle Reggiane non ha di recente evitato un incontro con Mario Calabresi, figlio del commissario, giornalista ed ex direttore de La Repubblica, che ha raccontato l’emozione di quel colloquio nel libro “La mattina dopo” edito da Mondadori.
Calabresi ha riferito di non nutrire odio nei suoi confronti, condividendo i sentimenti della madre che lo ha perdonato e da tempo prende le distanze da chi confonde la giustizia con la vendetta della parte offesa.
Quand’anche gli fosse rimasta una profonda avversione sarebbe bastata la vista di Pietrostefani a dissiparla. Si trovò infatti di fronte a un uomo magrissimo: Pietrostefani aveva subito un trapianto del fegato e da allora vive in uno stato di immunosoppressione cronica indotto dai farmaci anti-rigetto.
L’arresto di Pietrostefani venne commentato anche da Adriano Sofri su Il Foglio: «Da quando ho ricevuto la notizia del suo arresto sono combattuto fra due sentimenti opposti, quasi cinici: la paura che muoia nelle unghie distratte di questa fiera autorità bicipite transalpina e cisalpina, e un agitato desiderio che torni in Italia. Un desiderio da vecchio amico, e anche lui è vecchio, forse ce l’ha anche lui un desiderio simile».
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