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Cattedre vuote a Reggio Emilia. Gli alunni devono tornare a casa

Luciano Salsi
Cattedre vuote a Reggio Emilia. Gli alunni devono tornare a casa

Alta adesione in provincia: molti istituti sono rimasti chiusi

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Reggio Emilia Pur rimanendo lontana dalle percentuali che si raggiungono nel settore industriale, è stata relativamente alta anche nella nostra provincia, come nel resto d’Italia, la partecipazione allo sciopero della scuola indetto dai sindacati confederali di Cgil, Cisl e Uil insieme agli autonomi Snals, Gilda e Anief. Le adesioni più numerose si sono contate negli istituti comprensivi, sia fra i docenti che fra i non docenti. In qualche caso le astensioni dal lavoro hanno impedito di garantire la vigilanza sui minori, che comporta gravi responsabilità nel caso che un alunno subisca danni fisici o morali in assenza di un insegnante o di un collaboratore scolastico (un bidello).

Quindi si è arrivati alla chiusura di qualche plesso, ad esempio a Guastalla, Bibbiano e in città negli istituti comprensivi Da Vinci e Don Pasquino Borghi. La primaria Carducci, in via Campo Samarotto, è rimasta chiusa. La media Don Borghi, a Rivalta, ha accolto gli alunni, ma poco tempo dopo i genitori sono stati invitati a riprenderseli poiché il personale presente non bastava ad assicurare la sorveglianza. Anche qualche dirigente ha partecipato alla protesta, benché i suoi obiettivi non fossero condivisi dall’Associazione nazionale presidi, l’organizzazione più rappresentativa della dirigenza scolastica.

I sindacati di base avevano indetto lo sciopero di tutto il pubblico impiego il 20 maggio, ma con scarsissimo successo nell’ambito della scuola. Ieri la mobilitazione è stata alimentata dall'insoddisfazione per i molti problemi della categoria rimasti irrisolti e aggravati negli ultimi tempi dalla guerra e dall'inflazione. Le questioni sollevate sono non soltanto di merito, ma anche di metodo: «Avevamo concluso – spiega Monica Leonardi, segretaria provinciale della Cisl Scuola – due patti per la scuola, ma non siamo stati ascoltati. Il Governo ha deciso di procedere con una legge, anziché per via contrattuale. Il ministro Patrizio Bianchi era partito bene, ma poi non ha rispettato ciò che avevamo concordato».

Le norme contestate sono quelle relative alla formazione e al reclutamento, contenute nel decreto legge 36, che continuerebbero a penalizzare nelle assunzioni i precari portatori di una lunga esperienza didattica.
«I reclutamenti decisi per decreto – insiste Silvano Saccani, segretario provinciale della Flc-Cgil – non producono i risultati voluti. I precari esclusi dalle immissioni in ruolo vengono poi assunti di nuovo come supplenti. Noi siamo favorevoli a corsi abilitanti ben fatti. In quanto alla formazione obbligatoria, la si deve organizzare nelle scuole, non imporre dall'alto». Sul piano retributivo pesa il ritardo nel rinnovo del contratto, scaduto da più di tre anni. «In quanto agli organici – aggiunge Saccani – ne vengono tagliati più di diecimila, in misura più che proporzionale alla diminuzione degli alunni». Sulla vertenza della pubblica istruzione è intervenuto anche il segretario generale della Cgil, il reggiano Maurizio Landini: «Questo sciopero non riguarda solo i lavoratori della scuola. Il tema del diritto alla scuola deve diventare elemento centrale per il governo. Ad oggi non è così e i provvedimenti presi sono sbagliati. Non si interviene per decreto su elementi che riguardano la contrattazione».

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