Reggio Emilia. Operazione "The Mask", Ragni si difende: «La mia posizione è limpida. Ho lavorato con coscienza e salvato tante vite»
Il medico in pensione: «Pronto a presentare tutti i documenti, le prove e le testimonianze»
Reggio Emilia «Sono contento siamo in questa fase di chiusura delle indagini». Il dottor Pietro Ragni è indagato in quanto risk manager all’epoca degli accordi tra l’Ausl di Reggio Emilia e l’azienda Paolo Paris Commodity Guideline Partner nel mirino della Guardia di Finanza reggiana.
«Spero mi sia data la possibilità di chiarire la mia posizione limpida – si difende Ragni –. Ho svolto azioni legittime e degne di merito per la comunità inclusiva per cui ho lavorato. A sostegno di ciò, ho prove, documentazioni, testimonianze di moltissimi miei ex colleghi».
Camice bianco in pensione, Ragni è vicepresidente dell’Ordine dei medici di Reggio Emilia. Il dottore precisa di rispettare il lavoro della Finanza e della Procura.
«Gli inquirenti hanno il compito di approfondire situazioni poco chiare – osserva Ragni –. Sta nel gioco delle parti. Spero in tempi celeri di poter fornire tutta la documentazione a sostegno di ciò che ho fatto per la mia coscienza. Sono consapevole di quanto ho fatto: ho salvato tante vite».
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Il medico in pensione torna con la mente all’epoca dei fatti. «A marzo 2020 eravamo in piena pandemia – ricorda Ragni – e non si trovava niente. Tutte le procedure di acquisto delle mascherine erano anomale. In tanti cercavamo dispositivi di protezione individuali certificati e acquistabili».
Il dottore non si esime sul punto della bici elettrica sequestrata. Gli inquirenti ipotizzano sia un oggetto di corruzione tra Paris e il medico. «È una bici elettrica usata dal valore molto contenuto – risponde Ragni – e mi è stata regalata da una persona amica di famiglia da decenni in occasione del mio ultimo giorno di lavoro. Ho la documentazione per poter spiegare queste cose, i materiali e le testimonianze per dimostrare i punti di cui vengo accusato. Per me sono lampanti».
Ragni si dice sereno e orgoglioso per le attività svolto. «Ho lavorato nel bene – aggiunge il medico –, saltando weekend e lavorando più del dovuto con tanti altri colleghi. Abbiamo contribuito a limitare moltissimo il numero degli ammalati e dei morti nella nostra provincia. Nessun sanitario reggiano è deceduto per Covid sul posto di lavoro: con poca umiltà, è anche merito mio».
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