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La dura estate dei senzatetto. «In stazione solo i più visibili»

Alice Benatti

	Un giovane di origine straniera dorme in un riparo di fortuna



	 
Un giovane di origine straniera dorme in un riparo di fortuna  

Sono circondati da sporcizia quelli che dormono vicino a piazzale Marconi. Censi della Papa Giovanni: «La soluzione? Gestire le situazioni di fragilità»

05 agosto 2022
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Reggio Emilia Sono giorni feroci per chi dorme per strada e non può contare su una doccia che lavi via il sudore né tanto meno sull’aria condizionata di una casa che non c’è. Continuano a dormire in stazione, via Roma, nei pressi del Teatro Valli e in altre zone della città.
Non è chiaro quanti siano i senza fissa dimora a Reggio Emilia (stimarli era più facile quando erano concentrati alle ex Officine Reggiane, e allora si parlava di un centinaio) ma ci sono e necessitano di assistenza – in primis sanitaria – tutto l’anno, non solo durante l’emergenza freddo.


E allora adesso li vediamo così: senza coperte a scaldarli, piedi nudi, magari una maglietta sul viso per ripararli dalla luce delle prime ore del mattino.

«Capisco che i cittadini vorrebbero una soluzione della problematica ma la soluzione è proprio la gestione delle situazioni di fragilità».
Luca Censi, responsabile dell’Unità di Prossimità della cooperativa Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia, è delicato nel provare a far “passare” un concetto: coloro che dormono per strada – siano clochard, tossicodipendenti, stranieri irregolari, persone finite in stato di marginalità sociale a seguito di qualche trauma – non possono essere presi e portati via dalla strada. E, anche qualora fosse legale, dal punto di vista etico e morale non sarebbe nemmeno giusto farlo (in nome del tanto decantato decoro urbano).

«Le accoglienze e le proposte di percorso devono essere concertate con le persone – sottolinea Censi – in strada assistiamo a situazioni e fenomeni molto diversi, in particolare alcuni, per caratteristiche loro o dei servizi offerti, non vogliono oppure non riescono a entrare nei percorsi proposti. Non è detto che si trovino a proprio agio in una determinata struttura, ad esempio. Noi facciamo il possibile per fare entrare le persone nelle strutture ma contemporaneamente forniamo loro gli strumenti necessari a non peggiorare la propria condizione, soprattutto sanitaria, e a limitare i rischi».


Quella messa in campo a Reggio Emilia dall’Unità di Prossimità – formata da una equipe multidisciplinare di cui fanno parte soprattutto educatori – è dunque un’azione di riduzione del danno (anche attraverso l’offerta di generi di prima necessità e di conforto) e contemporaneamente di “aggancio”: la relazione è decisiva nella gestione delle situazioni dei singoli.


Infatti accade spesso che è proprio chi dorme in strada a segnalare agli operatori se c’è qualcosa che non va. «Ci vengono a cercare», spiega Censi.

Proprio a lui mostriamo alcune foto arrivate ieri mattina nella casella postale della Gazzetta di Reggio.
Il mittente, Davide Curti, reggiano che vive a Villa Bagno, le ha scattate alle ore 7 in piazzale Marconi, davanti alla stazione centrale di Reggio Emilia, dove da una decina di giorni racconta di vedere cinque o sei persone dormire in giacigli di fortuna, circondati da rifiuti e sporcizia.

«Li conosciamo tutti, sappiamo chi sono», commenta in prima battuta il responsabile del servizio finanziato dal Comune di Reggio.

«Alcuni provengono da percorsi migratori fallimentari, altri non hanno documenti regolari. In generale hanno percorsi di vita di strada medio-lunghi, uno di questi prima stava alle ex Officine Reggiane. E posso dire che non sono nuovi in stazione». Poi aggiunge: «Il contesto di strada è di forte mobilità».

Ma quante sono, a Reggio Emilia, le persone senza fissa dimora?
«Attualmente non conosciamo i numeri – ammette Censi –. Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di mappare la presenza di queste persone. Regione e Comune si stanno muovendo su questo fronte ed è importante, perché dobbiamo metterci nell’ordine delle idee di raccogliere dati sempre più precisi. Noi come Unità di Prossimità nelle nostre uscite raggiungiamo dalle 30 alle 50 persone ma non tutte dormono in strada: alcune in dormitori, altre in case protette, altre ancora in case popolari. In stazione, dove ci sono le più “visibili”, andiamo tutti i mercoledì ma in quella zona intervengono anche dei volontari». 

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