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«Per i senzatetto dieci alloggi per l’autonomia»

Alice Benatti
«Per i senzatetto dieci alloggi per l’autonomia»

L’assessore al welfare Marchi interviene sulla situazione dei senzatetto: «Con le risorse del Pnrr si finanzierà anche un centro servizi a loro dedicato»

06 agosto 2022
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Reggio Emilia Letti e bivacchi in mezzo alla sporcizia. In stazione a Reggio Emilia, e non solo lì, anche d’estate si continua a dormire per strada. Ve lo abbiamo mostrato sulla Gazzetta di ieri, raccontandovi anche del prezioso servizio offerto ai senzatetto dall’Unità di Prossimità della cooperativa Papa Giovanni XXIII coordinata la Luca Censi. All’assessore del Comune al Welfare Daniele Marchi abbiamo voluto rivolgere qualche domanda.

In diverse città i senzatetto ricevono daspo e alcuni cittadini, anche reggiani, vorrebbero sparissero dalle strade della città. Qual è la posizione di questa amministrazione e quali politiche sociali sono in campo?

La politica di questa città sta in tre cose. La prima è una storia decennale di accoglienza fatta dalle istituzioni pubbliche assieme ad un terzo settore cattolico e laico che cerca di costruire opportunità per e con chi vive la strada. La seconda è un presente fatto dalla soluzione del problema ex Reggiane: oltre cento persone accolte grazie alla volontà e allo sforzo di tutti. Infine un futuro fatto di oltre milione di euro del Pnrr che, grazie alla qualità delle nostre progettualità, ci consentirà di investire ulteriormente in opportunità di qualità.

Quali?

Nascerà un nuovo centro servizi, un hub multiprofessionale all’avanguardia per garantire il primo intervento e la presa in carico inoltre amplieremo l’offerta abitativa con la riqualificazione di dieci alloggi da dedicare all’housing first.

Luca Censi ha sottolineato che i percorsi offerti a chi dorme per strada devono sempre essere concertati con le persone interessate. Quali sono e quante persone coinvolgono questi percorsi di ritorno all’autonomia/raggiungimento dell’autonomia?

I percorsi di accoglienza coinvolgono decine di persone e si snodano tutto l’anno con un potenziamento durante l’inverno. Sono diversificati e il più possibile personalizzati. Si sta affermando la logica cosiddetta housing first che tende innanzitutto a non lasciare per strada le persone per poi costruire con loro i percorsi sociali e sempre più spesso anche sanitari necessari.

In che modo il Comune è impegnato a mappare la presenza di senza fissa dimora sul territorio?

La mappatura è per definizione impossibile. Si possono però condividere informazione tra i diversi servizi sociali, sanitari e volontari e aver così un quadro il più completo e aggiornato possibile. Il lavoro sulle ex Reggiane è stato molto utile in questo senso per acquisire anche un metodo ancora più condiviso di lavoro.

Parte di coloro che stavano alle ex Reggiane si sono sparpagliati in altre zone della città: stazione, parco Berlinguer, Teatro Valli. Dal vostro punto di osservazione qual è la situazione attuale?

No. Quelli che stavano alle ex Reggiane hanno tutti avuto un'opportunità e non si sono sparpagliati, su questo bisogna essere molto chiari. Inoltre il tema dei senza dimora in città non riguardava solo chi abitava lì: per questo il lavoro deve proseguire, ad esempio con gli investimenti del Pnrr. La radice della condizione delle persone che vivono in gravi condizioni di marginalità non è il "luogo" in cui queste trovano casa: possiamo chiudere cento Reggiane, ma se non si risolve il problema alla radice avremo sempre persone ai margini. Una radice tutta politica che ha a che fare con quella cultura dello scarto tante volte denunciata da Papa Francesco.

Non tutte le persone a cui presta assistenza l’Unità di prossimità la notte dormono per strada. Alcune, ad esempio, sono ospitate all’interno di strutture. Con la pandemia è diminuita l’offerta di posti letto in città a causa delle restrizioni? E come si è garantita la sicurezza di queste persone all’interno dei dormitori?

Durante la pandemia le opportunità di accoglienza e gli interventi in generale per queste persone si sono moltiplicati: prolungamento della cosiddetta accoglienza invernale su tutto l’anno, ampliamento degli orari di apertura e dei posti letto e soprattutto la chiusura delle reggiane con cento posti messi a disposizione in poche settimane. La risposta di questa città, dei servizi sociali e sanitari, della Caritas, delle cooperative e dei volontari è stata straordinaria proprio nel momento di maggior difficoltà.