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La donna morta in cantina denunciò più volte il marito

Alice Benatti

	Il personale della Croce Verde trasporta fuori dal palazzo il cadavere della 36enne marocchina accanto alla Polizia
Il personale della Croce Verde trasporta fuori dal palazzo il cadavere della 36enne marocchina accanto alla Polizia

La vittima di 36 anni si chiamava Khadija El Jarmouni e si stava separando. Il cognato: «Lui le ha reso la vita impossibile e lo Stato non l’ha protetta»

10 agosto 2022
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Reggio Emilia «L’ha uccisa lo Stato. Comunque sia morta, che si sia tolta la vita o che sia stata ammazzata, nessuno l’ha protetta. Era andata alla polizia decine di volte perché quell’uomo le rendeva la vita impossibile».

Dolore e rabbia si confondono nella parole di Mohamed Raffisi, cognato di Khadija El Jarmouni. Era questo, infatti, il nome della 36enne di origini marocchine – operatrice socio-sanitaria in una Rsa della città e mamma di due figlie, la più piccola di cinque anni e mezzo – trovata senza vita lunedì mattina nella cantina di casa, al numero civico 8 di via Cassala, nel quartiere Santa Croce a Reggio.

All’indomani del rinvenimento del cadavere, avvenuto secondo gli inquirenti a sole poche ore da un decesso che resta avvolto dal mistero (l’autopsia sarà eseguita oggi a Modena), l’uomo dice di non avere paura a denunciare la spirale di violenza in cui era precipitata la sorella di sua moglie a causa delle ripetute minacce del marito, che aveva lasciato circa sette mesi prima.

Più cauta invece la compagna (proprio la sorella che dalla Francia aveva lanciato l’allarme sulla scomparsa di Khadija), la quale sottolinea di voler aspettare gli sviluppi dell’indagine, prima di “puntare il dito” contro qualcuno.

Ma nemmeno Mohamed Raffisi afferma che possa essere stato quell’uomo a macchiarsi di quello che in Italia potrebbe essere il 52esimo femminicidio del 2022.
Del resto non l’ha visto con i suoi occhi, non sa nemmeno se fosse effettivamente in Italia quella notte (anche se una vicina di casa alla Gazzetta ha raccontato di averlo visto, nella notte di sabato, fare avanti e indietro più volte dalla palazzina).

«Quando ci siamo accorti che lei non c’era, tutti abbiamo pensato a lui e al fatto che potesse averle fatto del male», confessa l’uomo, ancora sconvolto dall’accaduto.
Supposizioni, certo, eppure una certezza il cognato ce l’ha: lui le aveva rovinato la vita, tra minacce e appostamenti sotto casa, tanto che la 36enne si era sentita costretta a cambiare anche numero di telefono.


Si presentava sotto la palazzina e le scriveva “Io sono qua sotto, dov’è la polizia?».
Una volta aveva persino danneggiato l’auto del padre della moglie, parcheggiata sotto casa.
In un altro caso si era spinto a infangare la reputazione di una delle sorelle della moglie affidando a Facebook alcune false accuse diffamatorie, che avevano raggiunto centinaia di persone.
A maggio, infine, sembra che con un amico si fosse appostato sotto casa con l’intenzione di portare via la bambina. In quel caso l’intervento del cugino della piccola, che si era accorto della loro presenza, li aveva indotti alla fuga.

Di fronte a tutto questo Khadija El Jarmouni, trovata senza vita accanto a del topicida (fatto che ha portato gli investigatori a propendere in prima battuta per l’ipotesi di suicidio, ancora in piedi), quel marito violento, da cui si stava separando, lo aveva denunciato eccome. E più di una volta.
Alcuni mesi fa – racconta il cognato – lei era scappata dal Friuli-Venezia Giulia, dove viveva con il marito e la loro bambina, perché lui aveva preso un grosso coltello per ammazzarla.
«Anche in quel caso lo aveva denunciato», assicura.

La paura per la giovane mamma era diventata tale che al lavoro pare si facesse accompagnare da una collega. Paura per lei stessa e per la figlioletta che – afferma la sorella – «non avrebbe mai lasciato senza prima metterla al sicuro».


Perché preparare i vestiti per andare al lavoro il giorno dopo (lunedì mattina avrebbe infatti dovuto sostituire una oss in un’altra struttura da quella in cui era impiegata, ovvero Villa Le Magnolie) se aveva intenzione di togliersi la vita? Questo è solo uno dei “nodi” che potranno sciogliere solamente le indagini, coordinate dalla pm Piera Giannusa.


Ora la preoccupazione principale della famiglia è proprio la sicurezza della figlia piccola di Khadija, che continua a vivere con i nonni materni.