Gazzetta di Reggio

Reggio

Reggio Emilia

Sempre più donne chiedono aiuto: hanno compagni (italiani) violenti

Alice Benatti
Sempre più donne chiedono aiuto: hanno compagni (italiani) violenti

Nel 2021 ne sono state accolte 352 dal Centro antiviolenza, contro le 299 del 2020. Al pronto soccorso in crescita gli accessi: nel 2022 sono già 222

24 novembre 2022
3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Trecentouno donne (tra cui quindici minorenni) si sono rivolte al pronto soccorso a causa delle violenze subite. Trecentocinquadue hanno trovato rifugiato nel centro antiviolenza. Duecentotrentanove le hanno accolte i servizi sociali a seguito dei soprusi subiti dal proprio compagno (almeno nel 90% dei casi).

Tre numeri, riferiti all’anno 2021, dietro ai quali ci sono storie, vissuti, sofferenze che si incontrano nella nostra provincia. Dopo mesi, talvolta anni, di invisibilità (quasi mai si chiede aiuto dopo il primo “schiaffo”, anche psicologico). Tre numeri capaci di testimoniare che giornate come quella di domani non sono solo simboliche perché il problema della violenza maschile contro le donne è ancora radicato, anche sul nostro territorio. Nei primi sei mesi del 2022, la Procura di Reggio Emilia ha iscritto centoventiquattro procedimenti per maltrattamento, quarantacinque per stalking e quarantaquattro per violenza sessuale, per un totale di tredici richieste di custodia cautelare e due di arresti domiciliari. La questura di Reggio Emilia nell’anno in corso ha effettuato quaranta ammonimenti (che in pratica consistono in avvertimenti, rivolti dal Questore alle persone che hanno commesso violenze, di astenersi dal commetterne ulteriori).

Per quanto concerne i dati degli ordini di protezione in sede civile, nel 2021 ci sono stati otto ricorsi presentanti da donne (sei dei quali contro uomini italiani) mentre nel 2022 si sta registrando un trend in calo a causa dell’aumento delle misure cautelari in sede penale: solo tre i ricorsi, presentati tutti da donne italiane.

«Questi dati sfatano l’idea che siano solo stranieri gli uomini violenti – commenta l’avvocato Giovanna Fava del Forum Donne giuriste – si sta facendo un grande sforzo collettivo per dare una tutela completa alle donne: perché non è una tutela formale quella che noi stiamo dando. Non chiediamo norme ma che vengano applicate quelle esistenti. Chiediamo di applicare la prevenzione e soprattutto di fare una valutazione del rischio. Per realizzare tutte queste cose servono energie, tempo e personale». Sulla base dei dati forniti dal Centro Antiviolenza-Casa delle donne, contribuisce a comporre l’identikit dell’uomo violento – oltre alla nazionalità (il più delle volte italiana, come già detto) – il tipo di rapporto che ha con la vittima. «Nel 2021 nel 70% dei casi il violento era l’attuale partner – sottolinea Federica Riccò, presidente dell’associazione Nondasola che gestisce il centro antiviolenza reggiano – 29 di questi uomini invece erano i precedenti partner: è la prima volta che raccogliamo questo dato». «La maggior parte delle donne che abbiamo accolto – continua la presidente – sono di cittadinanza italiana e appartenenti alla fascia d’età compresa tra i 30 e i 49 anni. Le violenze subite sono di tipo psicologico, fisico o multiple, ma sono numerose anche quelle di tipo economico. Il tema della dipendenza economica è significativo: non dico che se la donna lavora al primo episodio di violenza esce di casa ma è un elemento che sicuramente la influenza, soprattutto se ha dei figli. Il percorso di accompagnamento fuori dal circolo di violenza parte e si sviluppa anche sul fronte dell’autonomia, che comprende quella economica».

Tornando invece al pronto soccorso, da gennaio a ottobre 2022 le donne maggiorenni che vi hanno acceduto per situazioni di violenza sono state 222, tra cui 16 casi di violenze sessuali. In questo periodo inoltre sono state accolte ed assistite sette ragazze di età compresa tra i 15 e i 17 anni, per violenza sessuale. «La rivelazione dei maltrattamenti viene portata all’attenzione dei sanitari dopo circa un anno, a differenza degli anni passati in cui trascorrevano tempi molto più lunghi – riporta Maria Stella D’Andrea, medico di pronto soccorso – questo vuol dire che le donne stanno acquisendo maggiore consapevolezza per intraprendere percorsi di fuoriuscita».