Gazzetta di Reggio

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La morte del Papa emerito

Melloni su Ratzinger: «Si è dimesso con coraggio, irrisolto il caso pedofilia»

Daniela Giammusso
Melloni su Ratzinger: «Si è dimesso con coraggio, irrisolto il caso pedofilia»

Il professore reggiano: «Era un pontefice che non amava governare»

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Reggio Emilia «Nel suo pontificato, come in tutti i pontificati, ci sono state cose più lungimiranti e altre meno. La lettera ai cattolici cinesi del 2016 rimarrà per sempre. Al tempo stesso, Joseph Ratzinger è stato l’uomo che si è dovuto misurare con l’inizio del disastro degli abusi perpetuati da chierici. E dieci anni dopo la fine del suo pontificato, il modo in cui affrontare questa tragedia resta ancora un problema aperto».

A parlare è il professore reggiano Alberto Melloni, storico delle religioni, docente dell’università di Modena e Reggio, dove è ordinario di Storia del Cristianesimo, e titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace dell’università di Bologna, ripercorrendo alcuni dei momenti salienti del pontificato di Papa Benedetto XVI, morto venerdì a 95 anni.

Eletto il 19 aprile 2005, è stato il 265esimo papa della Chiesa cattolica.

Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 annunciò la rinuncia «al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro», con decorrenza della sede vacante il 28 dello stesso mese, prima della nomina di papa Francesco.

È stato l’ottavo pontefice a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi di cui si hanno fonti storiche certe o molto attendibili

«Ratzinger lo aveva detto già nel 2005, quando il suo predecessore Wojtyla era ancora vivo, che avrebbe accettato un’elezione al soglio pontificio solo se rapida – ricorda Alberto Melloni –. Atteggiamento tipico di un uomo che aveva sempre mal sopportato l’idea del governo ecclesiastico. Non cercò alcuna mediazione e, anzi, quando in quel conclave il cardinale Bergoglio raggiunse un terzo più uno dei voti, lui indossò il famoso dolcevita nero, che nel linguaggio del conclave vuol dire la rinuncia all’elezione. A quanto dicono in molti, fu Martini “a cambiare le cose” convinto della sua qualità intellettuale. In effetti, l’impressione è che sia stata proprio quella scelta a segnare di più il suo pontificato. Anche perché ha avuto l’intuizione, il coraggio e la lucidità di sapere che le dimissioni si danno quando non sono necessarie».

Tra i punti insoluti del suo operato, però, soprattutto l’ombra nera degli abusi pedofili tra le fila dei chierici.

Un problema che «Benedetto XVI ha lasciato al suo successore, come farà Francesco, con una scelta che mi pare eccepibile: farsi carico del tema della vergogna. Come se il presidente della Repubblica si vergognasse del fatto che in Italia ci sono civili italiani che hanno perpetrato dei crimini turpissimi. Questo ha rallentato molto la discussione sul perché il cattolicesimo romano non sia riuscito ad avere un’intuizione: la pedofilia è tutt’altro che un problema del clero, è un problema dell’Occidente intero».

Quale sarà dunque la lezione che rimarrà di papa Ratzinger?

«Una lezione antica – aggiunge Melloni, che non lesina una vena polemica – che se si pensa di risolvere i problemi della Chiesa affidandosi a un teologo brillante, che lavora di carte e idee, rimarrà un tentativo fallito. Nella storia, molti papi si sono rivelati grandi teologi, ma di teologi che si sono rivelati dei grandi papi non mai è successo».

«Al tempo stesso – aggiunge ancora lo storico del Cattolicesimo –, rimarrà la grandezza di un uomo, dal profilo così marcato sul piano intellettuale, che ha avuto l’intuizione di governo più straordinaria e formidabile: lasciare il governo, con un coraggio di cui facciamo fatica a renderci conto».

«Per fare un paragone irriverente – conclude Melloni–, il Parlamento europeo ha dovuto destituire una vicepresidente con l’appartamento pieno di trolley di quattrini. Papa Ratzinger, al contrario, non aveva fatto nulla di male che giustificasse la sua discesa dal ruolo di Pietro, ma lo ha fatto con un coraggio straordinario e prendendosi un’enorme responsabilità con quella lucidità intellettuale tipicamente sua».