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«Con i punti nascita unificati dimezzate le morti uterine»

Serena Arbizzi
«Con i punti nascita unificati dimezzate le morti uterine»

Il primario di Ginecologia Aguzzoli traccia un bilancio e guarda al futuro: «Essere seguiti in un centro di alto livello permette di avere più garanzie»

08 gennaio 2023
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Reggio Emilia Sono 2.522 i bambini nati a Reggio Emilia nel 2022 nei due punti nascita della provincia, il Santa Maria Nuova e l’ospedale Franchini di Montecchio: un dato che conferma il calo demografico in atto da anni. Il dottor Lorenzo Aguzzoli, primario dell’Ostetricia e Ginecologia dell’Ausl traccia un bilancio dell’anno appena concluso e le prospettive per il 2023.

Dottor Aguzzoli, come interpreta il calo di 38 nascite rispetto al 2021?

«Rientra nel quadro nazionale che parla di diminuzione della natalità ed evidenzia uno scarso investimento della politica nel favorire le neomamme che decidono di stare a casa per accudire i figli. Sono calati, parallelamente, anche i parti di donne straniere».

I punti nascite scatenano un dibattito incandescente: ci sono novità?

«Abbiamo in cantiere la riapertura del punto nascita di Guastalla, sfavorito rispetto a Scandiano per la lontananza geografica. Il problema è la mancanza di professionisti, soprattutto ginecologi, anestesisti e pediatri. I rischi, di conseguenza, divengono molto elevati: immaginiamo un neolaureato alle prese con le complicazioni del parto... Serve molta cautela. Dall’unificazione dei punti nascita abbiamo visto quasi dimezzate le morti in utero, passate da 13 a 6 negli ultimi tre anni. Ed è calata la percentuale di terapia intensiva neonatale. La gente deve sapere che la centralizzazione ha migliorato la salute di mamme e bambini. L’essere seguiti in un centro di alto livello permette di avere le garanzie necessarie».

La lontananza geografica non può rappresentare un fattore di rischio?

«Registriamo un parto all’anno in ambulanza, in media, e non fanno registrare complicazioni. Abbiamo, inoltre, la possibilità di ospitare le donne più lontane in un residence vicino all’ospedale».

Qual è il suo punto di vista sull’utilizzo dell’anestesia epidurale per ridurre i dolori del parto?

«L’epidurale è di libera richiesta. Da noi ne usufruisce un numero di donne che oscilla tra il 25 e il 30 per cento. Abbiamo investito sul calo dei parti cesarei a favore del parto naturale. L’epidurale entra in scena soprattutto per i parti difficili. Avere una copertura analgesica durante il travaglio favorisce le donne che scelgono il parto spontaneo».

Quante donne partoriscono con il cesareo a Reggio Emilia?

«Circa il 22% al Santa Maria Nuova, anche Montecchio presenta percentuali più basse di prima. Venivamo da dati intorno al 30% e l’obiettivo è continuare a ridurre i cesarei».

Come vengono seguite, ora le gravidanze patologiche?

«Sono seguite dall’inizio per tutta la gravidanza al Santa Maria Nuova. Si tratta di n percorso preordinato che ci permette di diminuire i ricoveri per patologie e le prestazioni per i neonati, con il risultato di una maggiore sopravvivenza. Questo percorso notevole coinvolge anche i territori. La gravidanza a rischio viene segnalata al Santa Maria e da qui viene seguita per tutta la provincia».

Quali le patologie più frequenti?

«Il diabete e l’ipertensione, peggiorate da incidenza dell’obesità pregravidanza che riguarda il 30 per cento popolazione. L’età del primo figlio, inoltre, si è assestata tra i 32 e i 35 anni, con le straniere che partoriscono intorno ai 32 e le italiane sui 35. Quando arriva il secondo figlio è probabile che la donna sia a cavallo dei 40 anni, età in cui la gravidanza presenta fattori di rischio più importanti, cui si aggiungono patologie».

Avete difficoltà con famiglie no vax?

«Abbiamo vissuto momenti molto difficili con i no vax, soprattutto per il certificato richiesto ai parenti per entrare in ospedale. Questo ha suscitato discussioni ma il fenomeno si è allentato».