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«Mio nonno era mafioso», il nipote del boss Dragone gestiva il dopo terremoto

Serena Arbizzi

	Raffaele e Giuseppe Todaro, padre e figlio, entrambi in carcere a seguito dell'indagine 
Raffaele e Giuseppe Todaro, padre e figlio, entrambi in carcere a seguito dell'indagine 

L’architetto Todaro lavorava per i Comuni mantovani

11 gennaio 2023
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Reggiolo «Io come ditta non posso lavorare nel sisma perché mio nonno era mafioso, io da sei anni sono il rup (responsabile unico di procedimento, ndr) di Poggio Rusco, Villa Poma, Magnacavallo e Sermide. Io sono chi realizza la pratica, le ditte e chi fa l’ordinanza di concessione. Se ne prendi 60/70 grazie a un mio agire, sei contento, no?».

Giuseppe Todaro, 36 anni, è un architetto libero professionisti che dal 2014 e fino alla fine del 2021 ha ricoperto l’incarico di tecnico aggiuntivo esterno presso gli uffici tecnici dei comuni mantovani del “cratere sismico”. Oltre a questo, ha svolto incarichi in aziende riconducibili alla sua famiglia. Parlando con gli imprenditori, Giuseppe Todaro, rimarcava di “non poter lavorare nel sisma”, ma al tempo stesso rimarcava di essere responsabile del procedimento della ricostruzione. E dalle carte emerge, potente, l’alleanza criminale tra padre e figlio. È quella tra Raffaele e Giuseppe Todaro.

Intercettati il primo settembre 2020, nel loro studio di Reggiolo Giuseppe e Raffaele, il pubblico ufficiale, parla esplicitamente di sviare in modo intenzionale i poteri attribuitigli a vantaggio di una controparte con cui è stato fatto un accordo per ottenere fini illeciti, alla quale è stato riconosciuto, in cambio dell’affidamento dei lavori a un’impresa di famiglia, un contributo di gran lunga superiore a quello spettante. Vengono riportati ripetuti casi, in cui Giuseppe non manca di ammonire il padre sull’impraticabilità di ulteriori trattamenti di favore per la controparte, quali sconti sul prezzo dei lavori non coperti dal contributo pubblico, visto il risparmio già ottenuto. Un risparmio sulla pelle della collettività, grazie all’interessamento illecito del tecnico istruttore della pratica.

Il pentito Antonio Valerio, riconducibile alla cosca Grande Aracri, nel corso del dibattimento del processo Aemilia ha definito Raffaele Todaro “un personaggio importante” e un “personaggio forte” del clan Dragone.

Nelle carte dell’indagine risulta, ancora, come Giuseppe Todaro e Rossano Genta si confrontassero sulle modalità oeprative del bonus 110 dell’Agenzia delle Entrate. Nel corso di una conversazione, Todaro si riferisce a una pratica che riguarda lavori in un condominio di Reggiolo e spiega che un tecnico avrebbe provato a escluderlo, ma lo stesso Todaro lo avrebbe redarguito invitandolo a una maggiore educazione. Inoltre, gli avrebbe proposto di partecipare a una riunione con i committenti e presentare un preventivo identico, in modo da spartirsi i lavori.

Scatenò un’accesa discussione, poi, nel 2019, la realizzazione del parco pubblico di Fabbrico, a cura dell’Immobiliare Raffaella sas, di proprietà della nipote del boss Dragone, e del fratello, l’architetto Giuseppe Todaro. I due fratelli erano soci al 50 per cento della Gmc Immobiliare di Reggiolo cui nel 2015 il prefetto Raffaele Ruberto negò l’iscrizione alla White List.

Durissimo poi l’attacco sferrato da Raffaele Todaro al termine di un convegno sul pericolo di infiltrazioni criminali nella ricostruzione post terremoto a Reggiolo, contro la prefetta Antonella De Miro, per aver ricevuto un’interdittiva che ha fatto perdere alle loro aziende la certificazione antimafia e appalti da migliaia di euro.