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Straordinari “fantasma”, così il precariato è donna

Alice Benatti
Straordinari “fantasma”, così il precariato è donna

Il sondaggio di Cgil Reggio Emilia e Ires Emilia-Romagna presentato ieri dalla ricercatrice Daniela Freddi nel corso del 19° congresso provinciale del sindacato

11 gennaio 2023
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Reggio Emilia Le donne sono più fragili rispetto agli uomini, nel mercato del lavoro. Sono più precarie e riescono a far valere di meno i propri diritti: ad esempio, hanno meno successo nel pretendere il pagamento degli straordinari. Non solo: faticano di più a conciliare vita lavorativa e vita privata. Elemento quest’ultimo, di cui è ormai difficile continuare a stupirsi. A scattare questa fotografia è la ricerca “Che genere di lavoro. Trasformazioni sociali e cambiamenti del mondo del lavoro a Reggio Emilia” di Ires Emilia-Romagna e Cgil Reggio Emilia, che è stata presentata ieri dalla ricercatrice Daniela Freddi nel corso della prima giornata del 19° congresso provinciale ospitato al Teatro Valli. Circa 4mila le persone che hanno risposto al sondaggio online divulgato tra i mesi di aprile e luglio 2022. A chi si è rivolto? Sia a donne che a uomini, occupati quanto in cerca di occupazione: tutti che vivono e/o lavorano stabilmente nella nostra provincia. Il primo aspetto ad emergere riguarda l’ambito contrattuale: se nella totalità dei rispondenti quasi l’82% ha un contratto a tempo indeterminato e il restante 18% a termine (leggasi determinato, somministrato, a chiamata ecc), tra le donne il livello di precarietà è maggiore, con una quota di contratti a termine pari al 22%. Secondo lo studio, dunque, nei luoghi di lavoro l’instabilità tocca più facilmente le donne, rispetto ai colleghi uomini. Oltre alla dimensione di genere, a incidere sulla precarietà è anche il fattore età: tra i partecipanti al sondaggio, ben il 40% degli under 35 ha un contratto a termine, quota che si dimezza al 19,9% nella fascia d’età successiva, quella tra i 35 e i 44 anni, e va riducendosi progressivamente con l’avanzare dell’età. Interessa il 13,3% di coloro che hanno tra i 45 e i 54 anni e il 10.1% degli over 55.

Ecco invece quanto emerge sul fronte del pagamento degli straordinari: la mancata remunerazione dello straordinario è nettamente prevalente tra le donne. Il 29% delle rispondenti, infatti, dichiara di svolgere lavoro in orario straordinario senza che esso venga remunerato. Gli uomini nella stessa condizione sono circa la metà: il 16%.

«Il punto di caduta non è solo sul fronte salariale – denunciano a questo proposito Cgil e Ires – ad esempio, in termini di carico di lavoro, su quasi tutte le dimensioni analizzate le donne presentano livelli più elevati di affaticamento. È emerso inoltre come le donne evidenzino maggiori problemi di conciliazione tra vita lavorativa e tempo personale rispetto agli uomini. In particolare, è soprattutto rispetto al tempo libero, agli interessi personali, alla cura della propria persona che le differenze si fanno più marcate».

Dalla ricerca, partita dall’idea di indagare quali e quante discriminazioni di genere insistono sui luoghi di lavoro nella provincia di Reggio Emilia, emerge inoltre che ci sono aspetti che non hanno presentato rilevanti differenze di genere, ad esempio in relazione alla visione del lavoro e al confronto tra condizioni ideali e condizioni reali.

«In modo piuttosto omogeneo – si legge nelle conclusioni della ricerca – il campione analizzato ha maturato una visione integrata ed inclusiva del concetto di qualità di lavoro dove tutte le dimensioni sono rilevanti sebbene con l’attribuzione di una maggiore importanza ad alcuni aspetti materiali, soprattutto per l’ambiente di lavoro sicuro e la stabilità contrattuale».

Quella che l’analisi di Cgil Reggio Emilia e Ires Emilia-Romagna ha consegnato alla nostra città è una valutazione complessivamente positiva del sindacato, a cui però viene sottolineata una critica corale: la Cgil si occupa di proteggere chi è già occupato (fra le righe, dimenticando chi il lavoro non lo trova o lo ha perso) e non ha sufficiente contatto con il mondo del lavoro atipico. Quello di cui si occupa la “frangia” della Cgil chiamata NIdiL, in sostanza. I rispondenti al soggetti indicano in questi versanti, dunque, gli spazi di azione e di miglioramento del sindacato.