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Montagne di soldi bloccati al clan e il braccio di ferro con una banca

Montagne di soldi bloccati al clan e il braccio di ferro con una banca

Un’azienda ritenuta vicina a Messina Denaro incardinò una causa civile a Reggio, l’arrivo di due imprenditori, i toni accesi in aula, ma il mutuo rimase inchiodato

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Reggio Emilia Un’infiltrazione silente, affaristica, capace di insinuarsi nell’economia dinamica dell’area padana. Le indagini della Direzione investigativa antimafia (Dia) dicono da tempo che Cosa nostra risulta presente in Emilia e, quindi, anche nel Reggiano già dalla fine degli anni Ottanta, con l’obiettivo illegale di attività criminali legate al riciclaggio di denaro e al narcotraffico. Non ultimi – e l’allarme era arrivato da ambienti investigativi palermitani – gli interessi illeciti nel campo agroalimentare.

Ìnsomma, una presenza – silenziosa e molto sotto traccia, senza morti ammazzati e casi clamorosi – della mafia siciliana.

E anche in tribunale a Reggio Emilia, oltre dieci anni fa, era riecheggiato il nome dell’allora più famoso latitante di mafia: Matteo Messina Denaro.

In ballo c’era un grosso finanziamento ad un’azienda sicula che era stato accordato da un istituto di credito della nostra provincia, ma “qualcosa” non aveva funzionato e c’era stato un vero e proprio dietrofront bancario (con tanto di chiusura di ogni rapporto con l’azienda, chiedendo la restituzione di quanto erogato in precedenza dalla banca).

Tutto ciò ufficialmente per un mancato pagamento di diverse rate del mutuo, ma sotto sotto la preoccupazione della banca, con tanto d’iniziativa nel sistema interbancario, era legato al controllo di quella ditta, riconducibile (secondo gli accertamenti investigativi giunti all’orecchio dell’istituto di credito stesso) proprio ai vertici dell’organizzazione mafiosa facente capo a Messina Denaro – noto anche con i soprannomi di U siccu e Diabolik – che era a capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante indiscusso della mafia nella provincia di Trapani.

Uno dei boss più potenti della criminalità organizzata siciliana, capace di imporre il proprio potere ben oltre i confini trapanesi.

Vicende cupe ben risapute anche a Reggio Emilia, in anni in cui fare terra bruciata attorno al pericolosissimo latitante sembrava una cosa a dir poco impossibile.

Comunque sia, s’incardinò in tribunale a Reggio Emilia un procedimento civile in cui la ditta sicula richiedeva di ripristinare quel mutuo cospicuo.

E quale fosse la forza intimidatoria di certi ambienti si materializzò ben presto in un’aula del nostro tribunale, quando il giorno dell’udienza si presentarono per la ditta sicula due persone – accompagnate da un legale – dai modi a dir poco spicci.

Tutti in quell’aula – dai magistrati ai rappresentanti delle parti in causa – sapevano che “aria” tirasse, specie quando era poi scappato un gesto irruente, con tanto di frase ad effetto.

Nervi tesi, facce tirate, un’udienza che non risulterà per nulla facile.

Tanta tensione non porterà poi i giudici civili di Reggio Emilia a cambiare le cose, il mutuo sostanzioso non verrà sbloccato, come non verrà fissato un nuovo piano di ammortamento per le rate mensili inizialmente pianificate e non onorate.

Il ricorso quindi rigettato e decisione favorevole per la banca di Reggio Emilia.l