Gazzetta di Reggio

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Il processo

Alluvione a Lentigione, la testimonianza: «Isolata dalla piena per 5 giorni con anziani e mia figlia disabile»

Ambra Prati
Alluvione a Lentigione, la testimonianza: «Isolata dalla piena per 5 giorni con anziani e mia figlia disabile»

La brescellese 63enne racconta quanto successo il 12 dicembre 2017: «Danni per 430mila euro»

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Brescello. «Sono rimasta intrappolata al primo piano dell’abitazione, con tre anziani malati e mia figlia in carrozzina, per cinque giorni. È andato tutto distrutto: danni stimati in 430mila euro. Al di là dei danni mio padre, portato all’ospedale di Guastalla, poi è morto». Con la voce incrinata dalla commozione Gabriella Adorni, brescellese di 63 anni, ha raccontato l’incredibile esperienza dell’alluvione di Lentigione. Il suo è stato senza dubbio un caso limite, capace però di smuovere le coscienze dei presenti.

Siamo nell’ambito del dibattimento sull’alluvione di Lentigione del 12 dicembre 2017, quando il torrente Enza straripò inondando alle prime luci dell’alba la frazione brescellese, con il fango che ricoprì tutto provocando 1.157 sfollati. Alla sbarra tre imputati, tutti dipendenti dell’Aipo, accusati dopo l’inchiesta del Nipaaf dei carabinieri forestali di Reggio di inondazione colposa in concorso: si tratta dei dirigenti Mirella Vergnani (difesa dall’avvocato bolognese Paolo Trombetti) e Massimo Valente (tutelato dall’avvocato nonché docente universitario modenese Giulio Garuti), infine il tecnico Luca Zilli (difeso dall’avvocato parmigiano Amerigo Ghirardi).

Quella di ieri in tribunale a Reggio – dove è proseguita la sfilata dei testimoni citati dall’accusa, il pm Giacomo Forte – è stata un’udienza fiume, iniziata alle 9.30 e finita alle 15: protagonisti i privati cittadini, persone che hanno visto la loro esistenza sconvolta dall’alluvione.

Come Gabriella Adorni, residente nella parte bassa di Lentigione «dove l’acqua è arrivata dopo», in aperta campagna dove gestisce un’azienda agricola e un allevamento di suini. La famiglia è così composta: un figlio, una figlia paralizzata agli arti inferiori e tre anziani (padre, madre e suocera). «Quel mattino, verso le 7, mi ha telefonato mia sorella dicendo che il Comune aveva dato l’allerta. Non ne sapevo niente». Per scrupolo la donna ha chiesto al figlio di fare un salto in paese, dove il livello era già alto. «Alle 9 l’abbiamo vista arrivare: un metro e mezzo d’acqua». Per scrupolo Gabriella ha pensato di spostare le auto dal cortile: appena in tempo. «Non si è salvato nient’altro – ha raccontato la 63enne in aula –. Sono andati distrutti tutti i macchinari per gli animali, gli impianti elettrici e idraulici, i mobili, gli elettrodomestici e tutto ciò che si trovava al pianterreno». Una perizia di parte ha stimato i danni in 430mila euro, dei quali 165mila solo per l’abitazione. Ma l’aspetto clamoroso è che il nucleo familiare, ritiratosi al piano superiore, lì è rimasto fino al 17 dicembre: cinque giorni «senza acqua, senza luce, senza riscaldamento». L’immagine di quel casolare isolata in mezzo alla marea è rimbalzata in mezza Italia. «Mio padre, con gravi problemi di salute, il giorno seguente è stato prelevato in canotto dai vigili del fuoco e ricoverato in ospedale. Io con gli altri sono rimasta: mio figlio con un amico ci portava in barca le medicine, il cibo, coperte e una stufa – ha proseguito Gabriella – finché l’acqua si è ritirata». Alla domanda se qualcuno li avesse avvisati, la donna ha risposto: «No. Nelle piene precedenti ci telefonava un geometra comunale, ma quella volta no».

A seguire la deposizione di Alberto Iotti, fonte involontaria di parecchio materiale (foto e video) finito agli atti. Iotti, 69 anni residente a Sant’Ilario dove è esponente dell’opposizione, è un geologo «interessato all’Enza»: perciò la mattina seguente all’alluvione, alle 11, è andato a fare un sopralluogo sulle casse d’espansione tra Montecchio e Montechiarugolo, dove dalla sponda parmense ha girato un video sulla «chiusa semiaperta: a monte c’era pochissima acqua, come se non funzionasse, e la vasca pareva un bosco». Iotti ha postato il video (poi richiesto dai carabinieri) sui social, scatenando un putiferio. «Tantissime persone che lo hanno visto mi hanno contattato inviando foto che avevano scattato negli anni». Tra queste, come ha sottolineato il pm Forte, le immagini consegnate da Mauro Rossi, un anziano volontario di Montecchio memoria storica del torrente che ha raccolto «un faldone di foto, accumulate in decenni, sulla mancata manutenzione delle casse». Le difese si sono opposte, ottenendo che dalle foto depositate siano espunte le descrizioni.

L’ingegnere Cinzia Merli, 66enne di Parma, è stata interpellata in quanto dirigente dell’Autorità di Bacino, l’ente sovraregionale (dipende direttamente dal ministero) che si occupa della programmazione del fiume Po e dei suoi affluenti. «Il mio compito era aggiornare il Pai, il piano assetto idrogeologico, basato su dati risalenti al 2001. Si aggiorna tramite gli studi di fattibilità: c’era lo studio del Secchia e del Panaro, nulla sull’Enza».