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«Vivevo alla stazione dopo un ictus devastante, ora ho una tappezzeria»

Serena Arbizzi
«Vivevo alla stazione dopo un ictus devastante, ora ho una tappezzeria»

Lotfi Djalassi e la sua rivincita: da senzatetto ad artigiano

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Reggio Emilia «Dio mi ha dato un’altra vita. Se al trentesimo giorno di coma, dopo l’ictus che mi ha colpito, non mi fossi risvegliato, i medici avevano pianificato di chiamare mio fratello per informarlo che avrebbero attivato le procedure per staccare la spina. La sera prima di quel trentesimo giorno ho riaperto gli occhi. Sono stato un miracolato anche se in quel momento non sapevo che, di lì a poco, sarebbe iniziato un altro calvario...».

Lotfi Djalassi, 60 anni, conosciuto da tutti come “Roby”, ha gli occhi luminosi quando accarezza la sedia che ha appena aggiustato e mostra le immagini che lo ritraggano fare il mestiere che ama più di tutti, tanto da chiamare la sua attività, in via Rousseau a Reggio Emilia, “Mon amour”. Roby ha 60 anni, è arrivato dalla Tunisia quando non era ancora maggiorenne e ha imparato, curiosando da un maestro all’altro, il lavoro di tappezziere. Una professione che ha potuto riprendere dopo l’ictus che, 10 anni fa, lo ha colpito mentre si trovava in Svizzera. E ha trascorso un periodo come senzatetto alla stazione di Reggio Emilia, per la grave indigenza in cui era sprofondato a causa dell’ictus e le conseguenze debilitanti che aveva lasciato sul suo corpo.

Fondamentale è stato l’incontro con Maria Diletto dell’associazione “La nuova luce”, che gli ha fornito il supporto per ripartire e ora Roby si destreggia di nuovo tra impagliature di Vienna, rivestimenti di sedili auto, selle di scooter, poltrone, sedie e divani.

«Prima di ammalarmi avevo un negozio ad Albinea – racconta Roby –. Il lavoro andava alla grande: mettevo a frutto le competenze maturate in tanti Paesi europei: quando vedevo un negozio con un tappezziere all’interno entravo e imparavo nuovi segreti del mestiere. Poi mi sono fermato qui, nel Reggiano, ad Albinea, appunto, avviando lì l’attività. Quando avevo 50 anni ho fatto una vacanza in Svizzera durante la quale ho anche lavorato. Ero lì quando l’ictus mi ha devastato. Non riuscivo più a parlare, non camminavo, avevo le mani come paralizzate. Poi, un giorno, l’infermiera in ospedale, mi disse: “Domani ti porto la stoffa, così puoi prepararmi un cuscino”. Detto, fatto. Da quel momento è iniziata la mia cura, la felicità mi è entrata dentro. Ho ripreso a camminare, scendevo dalla sedie a rotelle e la spingevo con tutta l’ostinazione possibile. Poi sono ritornato a Reggio Emilia, ma qui non avevo più clienti. Tutto quello che avevo costruito era evaporato».

Roby è costretto a dormire alla stazione o, comunque, per strada. «Quando ho incontrato Maria Diletto de “La nuova luce” – dice – mi facevo le punture di insulina per il diabete alle ex Reggiane. Maria che mi ha davvero cambiato la vita. Girando insieme a lei abbiamo visto questo negozio e due anni fa ho aperto grazie al suo grande aiuto. È stato un nuovo miracolo poter ripartire: mi è anche successo di dormire in negozio, ora la notte la passo al dormitorio di via Dell’Abate».