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Il conducente dell’auto della strage di Gaida si è risvegliato dal coma, ora sa che la famiglia è morta

Ambra Prati
Il conducente dell’auto della strage di Gaida si è risvegliato dal coma, ora sa che la famiglia è morta

Orjol Lame, 32 anni, guidava l’auto piombata contro il muro

01 febbraio 2023
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Reggio Emilia «Sono morti in quattro, compresi tua moglie e tuo figlio». Così hanno detto a Orjol Lame, 32 anni, il conducente dell’auto della strage di Gaida, risvegliato dal coma farmacologico.

A distanza di tre mesi dall’accaduto Lame ha appreso di aver perso nel terribile schianto la compagna e il figlioletto e di essere stato il responsabile del decesso di fratello e sorella di lei. Sulla consapevolezza del 32enne, in una stanza dell’ospedale di Correggio, è arduo esprimersi: è parso smarrito, prima di ripiombare sotto l’effetto dei sedativi.

Il 32enne è l’unico sopravvissuto della strage di Gaida, con quattro vittime tra cui tre bambini. Domenica 30 ottobre 2022, alle 19.50, la Fiat Stilo senza assicurazione e senza revisione condotta da Lame era piombata ad alta velocità contro un casolare sulla via Emilia: deceduti all’istante la compagna di Lame, Shane Hyseni di 22 anni, il figlioletto Mattias Lame di un anno e mezzo e i fratelli della donna Resat Hyseni, 11 anni, e Rejana Hyseni, 9 anni.

I corpi erano stati allineati uno accanto all’altro nella camera ardente: una strage degli innocenti che aveva commosso l’intera città e che in una manciata di secondi aveva distrutto due famiglie, i Lame e gli Hyseni, da allora acerrimi nemici. Mentre Giordano Biserni, il direttore dell’Asaps (l’associazione sostenitori e amici della polizia stradale), ha invocato severità: «Il conducente di Gaida rischia una pena massima di diciotto anni, che in Italia non è mai stata comminata. La procura di Reggio potrebbe fare da apripista».

Ricordiamo che Lame deve rispondere dei reati di omicidio stradale plurimo e di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, visto che gli esami del sangue hanno rilevato nel corpo del conducente tracce di un mix di cocaina e farmaci con tutta probabilità all’origine della perdita di controllo nel rettilineo, pare dopo un litigio con Shane in un locale.

Il problema è che le sue condizioni neurologiche non mostrano segni di miglioramento. La mamma e la zia di Lame, dopo essere state avvisate dai dottori del risveglio di Orjol, sono partite dall’Albania e arrivate a Correggio per assisterlo. I medici hanno provato a posizionare il paziente in carrozzina, ma Orjol non riesce a parlare, è sotto l’effetto di pesanti antidolorifici e pare non ricordare nulla di quella sera. Resta aperta, pesante come un macigno, la questione della sua imputabilità. Il pm Marco Marano, titolare dell’indagine, non sta lasciando nulla di intentato: dopo avere affidato a due periti gli incarichi della ricostruzione cinematica dello schianto e di estrarre la copia forense del contenuto degli smarphone del conducente per verificare se li stesse usando al volante, la settimana scorsa il pm Marano ha chiesto e ottenuto una terza perizia. Il gip Andrea Rat ha conferito a uno psichiatra l’incarico di valutare «l’effettiva capacità di partecipare coscientemente al giudizio» del 32enne; il dottor Moreno Lusetti avrà novanta giorni di tempo per stendere la relazione. L’esito sarà cruciale: se Lame sarà ritenuto non imputabile, addio processo penale.

Contro tale prospettiva sono insorti i coniugi Ardian e Anjeza Hyseni che da Durazzo, dove sono tornati a vivere, tramite uno studio legale hanno fatto sapere di volere il processo e una condanna esemplare.