Gazzetta di Reggio

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Reggio Emilia capitale della ricerca sulla salute mentale

Martina Riccò
Reggio Emilia capitale della ricerca sulla salute mentale

Trasferite alla Biblioteca Livi le cartelle cliniche dell’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Si tratta di migliaia di documenti raccolti tra il 1927 e il 2009

08 febbraio 2023
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Reggio Emilia Foglietti scritti a matita, con una calligrafia che diventa d’un tratto ingarbugliata. Fotografie scattate di fronte e profilo. Cartoline: “Non so più nulla di mio figlio da sei mesi, sono preoccupata...”. Nelle migliaia di cartelle cliniche convogliate dall’ex Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Reggio Emilia alla Biblioteca scientifica Carlo Livi dell’Ausl, dove era già conservato l’archivio dell’ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro, si trova questo e molto altro.

Il fatto di averle salvate – grazie all’accordo tra Ausl, Archivio di Stato di Reggio Emilia e casa circondariale, dove le cartelle erano prima conservate – ha permesso di creare un polo di ricerca unico in Italia. Le cartelle depositate – che riguardano il periodo compreso tra il 1927 e il 2009 e occupano 240 metri lineari – rappresentano infatti un’importante e inedita fonte di informazioni per gli studiosi, che possono già ora fare richieste in base ai dati anagrafici, alle tipologie di reato, di diagnosi, alla provenienza e alla destinazione degli internati.

Sfogliando le cartelle cliniche consultabili (circa tremila, raccolte in un quarto di secolo tra il 1927 e il 1952, mentre le più recenti sono protette per privacy) si scoprono anche abitudini che ora – per fortuna – sono state superate: nella diagnosi dei reclusi, ad esempio, era riportata la parola “criminalità” di fianco alla patologia riscontrata (tra le più frequenti: “demenza precoce”). Ancora negli anni ’30 del Novecento, inoltre, erano annotate particolarità relative alla struttura fisica, soprattutto misure della scatola cranica, sulla scia della teoria lombrosiana secondo la quale i criminali erano riconoscibili per anomalie somatiche o costituzionali, tipiche del “delinquente nato”.

«Conservando da sempre il patrimonio dell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro – racconta Chiara Bombardieri, responsabile della Biblioteca scientifica Carlo Livi e dell’Archivio dell’ex ospedale psichiatricoSan Lazzaro – quando si è iniziato a parlare della chiusura degli Opg ci siamo interrogati su cosa poter fare con quelle cartelle. Grazie alla direzione generale archivi del ministero della cultura, l’Archivio di Stato di Reggio (nella persona di Stella Leprai), la casa circondariale di Reggio, il dipartimento per l’assistenza penitenziaria della nostra regione e i ministeri della giustizia e della cultura che hanno dato il benestare per questo passaggio, ora possiamo migliorare la conoscenza della storia della psichiatria e anche quella della pratica forense». Rispetto alle cartelle cliniche del San Lazzaro, in quelle dell’ex Opg si trovano infatti anche annotazioni riguardanti le vicende processuali e i reati commessi. «Interessante notare come reati che oggi consideriamo minori, come quelli contro il patrimonio, portassero a una pena di 20 anni», suggerisce Bombardieri. C’erano poi persone recluse per reati contro la persona, tentativi di eversione, renitenza alla leva, reati politici (soprattutto nel ventennio fascista) e reati di collaborazionismo (dopo la caduta del fascismo): «Abbiamo trovato la documentazione di un uomo che era stato arrestato perché aveva raccontato una barzelletta sul duce. Essendo un alcolista, era stato incarcerato nell’Opg», racconta Bombardieri.

Sulle tremila cartelle cliniche consultabili, una sessantina riguardano uxoricidi, una ventina violenti contro le mogli, un centinaio violenti in famiglia. «Le possibilità di studio sono infinite – conclude la responsabile dell’archivio – e abbiamo già avuto diverse richieste da parte di studiosi da tutta Italia».