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La mostra

Enrico IV e il Perdono di Canossa: una storica questione di propaganda

Mauro Grasselli
Enrico IV e il Perdono di Canossa: una storica questione di propaganda

Imperatore arrogante nell’iconografia tedesca, umiliato in quella italiana

11 febbraio 2023
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Canossa Ultime giornate di apertura, oggi e domani, per la mostra “La sfida di Enrico a Canossa”, allestita al centro turistico “Andare a Canossa”, ai piedi della storica Rupe matildica.

L’esposizione, curata dall’Associazione Amici di Matilde di Canossa e del castello del Bianello – presenta documenti e immagini antiche sulle tracce del Perdono del 1077 “La sfida di Enrico IV a Canossa”, composta da una parte della Collezione Giuliano Grasselli, che dell’associazione stessa era vicepresidente.

La mostra è stata organizzata appunto in memoria di Giuliano Grasselli, morto il 7 gennaio scorso, per 20 anni regista del Corteo storico matildico di Quattro Castella, collezionista di libri antichi, stampe, quadri e opere d’arte dedicate in particolare a Matilde di Canossa.

«In tutti i libri di storia tedesca viene dato rilevo all’incontro di Canossa con la citazione dei due antagonisti, Enrico IV e Gregorio VII – spiega Donatella Jager Bedogni, presidente dell’associazione Amici di Matilde di Canossa e del castello del Bianello – accennando al castello di Canossa, luogo dove avvenne l’incontro e, qualche volta, al nome di chi li ospitò, Matilde di Canossa. Lungo il percorso di questa esposizione (si tratta solo di una piccola parte della Collezione Giuliano Grasselli sull’argomento specifico) si possono confrontare i due diversi modi in cui fu rappresentato quell’episodio degli ultimi giorni del gennaio 1077. L’iconografia tedesca, soprattutto dell’800, mette al centro della scena il re tedesco Enrico IV della dinastia dei Sailer di Franconia in esterno, a piedi nudi davanti alla porta del castello. L’atteggiamento è spesso poco devoto e umile, anzi si evidenzia una certa arroganza e rigidità quasi rabbiosa, in ogni caso un atteggiamento di dubbiosa attesa. Sullo sfondo, ridotte a piccole figure dietro le mura del castello, Gregorio VII e Matilde di Canossa».

«L’iconografia italiana dello stesso periodo – prosegue Donatella Jager Bedogni – riporta una scena d’interno, una sala che assume aspetti architettonici quasi sempre non coevi o d’altre epoche, con il papa Gregorio assiso su un seggio che pare un trono circondato da prelati e nobili, con a fianco Matilde e altri personaggi femminili mentre il re è prostrato davanti a lui, quasi disteso a terra. Certo, questo ancor meglio porta a una ricostruzione del perdono e della eliminazione della scomunica a cui il re tedesco era soggetto dal febbraio 1076. Scomunica che gli aveva tolto i poteri regali e di controllo sui nobili tedeschi. Non gli restava che questo passo di umiliazione per riottenere il potere e risolvere così, prima di tutto, i problemi di politica interna, dove già si preparava un nuovo re per sostituirlo. Due momenti diversi, nel primo la parte preliminare senza atteggiamenti di vera umiliazione, il secondo l’atto compiuto. È noto che solo pochi giorni dopo Canossa il re tedesco Enrico IV si riorganizzò per tornare sul trono e, prima di lasciare l’Italia, tentò con l’inganno di fare prigioniero Gregorio VII assieme a Matilde. Sfuggiti alla trappola dei tedeschi, Matilde e Gregorio VII si ritirano sui castelli dell’Appennino reggiano (Canossa, Carpineti e Bianello) con brevi puntate in pianura fino all’estate», ricorda Donatella Jager Bedogni.

«Da allora Matilde di Canossa, con le sue forze militari, sarà il braccio armato del papato, prima con Gregorio VII e poi con Urbano II nella lotta all’imperatore tedesco Enrico IV. Lotta che, dopo tre discese in Italia delle forze imperiali, si concluderà con la sconfitta definitiva nel 1092 alla Madonna della Battaglia presso l’attuale Sedignano, tra Canossa e il Bianello. Nell’Italia cattolica le scene canusiane servirono all’esaltazione di Matilde e del papa, a differenza di quelle tedesche, che mettevano in primo piano Enrico IV». 

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