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Gli ucraini a Reggio Emilia: «I nostri famigliari in pericolo»

Serena Arbizzi
Gli ucraini a Reggio Emilia: «I nostri famigliari in pericolo»

L’associazione dei volontari un anno dopo l’inizio della guerra contro la Russia «Tanti di noi hanno parenti in patria: siamo in forte apprensione per loro»

16 febbraio 2023
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Reggio Emilia «La nostra principale paura è l’incertezza per il futuro del nostro Paese, ma anche per la vita di chi è fuggito dall’Ucraina. In tanti abbiamo famigliari rimasti nel nostro Paese d’origine e siamo in apprensione per loro»

Diana Bota è ucraina, abita a Gualtieri e fa parte dell’associazione dei volontari ucraini in Italia, da anni è un punto di riferimento per i connazionali, già da prima della guerra innescata dalla Russia un anno fa. La comunità ucraina è una delle comunità più significative di Reggio Emilia. Nel 2021 contava 4.317 appartenenti, pari a circa il 6 per cento degli stranieri. Alla luce della guerra in atto lo scenari o è in continuo cambiamento.

Diana, quand’è nata la vostra associazione?

«Nel 2015 e siamo distribuiti in tutta la provincia di Reggio Emilia. Grazie all’esperienza maturata con le pratiche burocratiche, abbiamo iniziato dando una mano alle nostre connazionali. Siamo tutte donne, in Italia da tantissimo tempo e abbiamo iniziato ad aiutare chi aveva difficoltà a districarsi nei meandri delle regole. La nostra attività si è, poi, intensificata dall’inizio della guerra e dal suo allargamento a tutto il territorio ucraino. Nel tempo, abbiamo invitato dall’Ucraina ragazzi che hanno subito la disgrazia di perdere un famigliare, consentendo loro di fare una vacanza in Italia riabilitativa che potesse contribuire a garantire benessere psicologico. Inoltre, abbiamo collaborato con un centro riabilitativo per persone che sono state in guerra e sono tornate con disabilità che facevano attività: nei centri frequentavano laboratori anche di tipo artistico. Ci mandavano i loro manufatti il cui ricavato è stato donato alla nostra associazione. Anche queste le abbiamo portate in giro per l Italia. Abbiamo fatto, inoltre, attività di mediazione linguistica per chi arrivava dall’Ucraina per motivi di vario tipo e manifestazioni per la pace, nonché lotte contro la disinformazione».

Cos’è cambiato dopo il 2022?

«Fino all’anno scorso abbiamo avuto difficoltà nel far comprendere la natura delle guerra in corso, perché c’era tantissima disinformazione e non erano chiare le parti in causa e gli sviluppi. Fino al 2022 pochi erano costretti a fuggire a motivo della guerra, nonostante il conflitto contro la Russia, nel nostro Paese, sia stato innescato dal 2014».

Da quando abita qui in Italia e di cosa si occupa a Reggio Emilia?

«Sono arrivata qui Italia nel 2005, quando avevo 9 anni: ho raggiunto mia madre che ha deciso di portarmi qui per ragioni economiche. In Ucraina, lei era medico, mentre qui ha avuto la possibilità di lavorare come badante. Al momento io sono mediatrice culturale per una cooperativa reggiana. Mi occupo soprattutto di persone che arrivano dall’Ucraina aiutandole su più livelli, dalle istituzioni scolastiche a quelle di tipo sanitario».

Quali sono i vostri sogni e le vostre paure?

«La paura principale è l’incertezza del futuro: chi arriva qui non riesce a immaginare un futuro in Italia perché viene considerato un posto di fuga. La paura per quanto successo in Ucraina coinvolge tutti, perché ognuno di noi ha parte della famiglia li. Negli ultimi tempi c’erano stati tanti sviluppi a livello di diritti sociali e civili. C’era un’apertura maggiore dell’Europa verso l’Ucraina. Adesso tutte le notizie sono concentrate sulla guerra. Il nostro Paese andrebbe raccontato anche da altri punti di vista. Si dovrebbe parlare anche di costruzione della democrazia».

Reggio Emilia è abbastanza attrezzata per l’accoglienza?

«In città la comunità ucraina è rappresentata anche dal punto di vista religioso. Da unno ci siamo organizzati per aiutare le persone in fuga. I reggiani si sono mobilitati nella raccolta, soprattutto di beni di prima necessità. Un imprenditore reggiano ha messo a disposizione un magazzino utilizzato come punto di raccolta ufficializzato anche al consolato. Reggio Emilia ha aiutato tantissimo l’Ucraina, con un lavoro di squadra potentissimo. Nei primi mesi della guerra avevamo i telefoni che squillava a tutte le ore. Anche per quanto riguarda l’accoglienza di persone tramite la protezione speciale, si è attivata una rete diffusa. Più italiani hanno manifestato disponibilità a ospitare a casa propria gli ucraini. Al tempo stesso, l’accoglienza dall’inizio della guerra ha aperto una parentesi sul sistema. Sarebbe molto bello, infatti, che anche l’accoglienza degli ucraini diventasse un insegnamento su come ci possa essere buona accoglienza per tutti».