Nidi, la Cgil lancia la mobilitazione «Non si tocchi il Reggio Approach»
Il segretario Sesena contro il rischio di privatizzazioni nel servizio: «Inaccettabile». Rinaldi, direttore dell’Istituzione: «Siamo in una situazione critica e complessa»
Reggio Emilia «Se la volontà del Comune è quella di aprire le danze su privatizzazioni e terziarizzazioni sacrificando il “Reggio approach” per far quadrare i conti, ci opporremo e mobiliteremo». Un “no” categorico, un grido di guerra lanciato dal segretario generale Cgil Reggio Emilia, Cristian Sesena, all’indomani di un confronto con l’Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia di Reggio. Sul tavolo: la difficoltà di gestire la carenza di insegnanti assunti a tempo indeterminato alla luce di una legge del 2010 che impone non si debba superare quanto speso nel 2009 per i dipendenti comunali con contratto a tempo determinato. Un tetto di sei milioni e 700mila euro, che quest’anno è già stato superato di 600mila euro. Se il Comune non dovesse rientrare nel parametro sarà punito con il blocco delle assunzioni, sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato, per tutto il 2024.
«Per risolvere questo problema che comunque è noto dal 2010 – spiega Sesena – ci è stato detto che l’Istituzione chiederà al governo di non fare rientrare i propri dipendenti sotto questo tetto, in alternativa hanno proposto di esternalizzare il servizio del sostegno, ovvero la gestione dei bambini con diritti speciali, alle cooperative sociali, tagliando 70 lavoratori precari. Noi non lo accettiamo. Per i lavoratori, in primis. E poi perché se gli insegnanti/pedagogisti saranno forniti da una cooperativa andrà persa, tra le altre cose, la possibilità di una vera integrazione dell’alunno all’interno della classe, al netto della professionalità di chi sarà chiamato a operare in un contesto comunque più precario, perché all’interno della stessa scuola, e anche della stessa sezione, ci saranno insegnanti che dipendono dal Comune e altri, sottopagati, che dipendono da un privato». Il rischio, a cui la Cgil non vuole in alcun modo esporsi, «è appaltare un servizio che è uno dei fiori all’occhiello della nostra città, lasciando che il privato invada la scuola adesso e un domani, forse neanche troppo lontano, anche l’assistenza agli anziani, la sanità e così via. Abbiamo chiesto di analizzare voce per voce i capitoli di spesa, per cercare di individuare dove eventualmente tagliare, consapevoli che si debba e si possa ottimizzare – afferma il segretario della Cgil reggiana – ma non ci è stata data la possibilità di farlo».
«In realtà non abbiamo avanzato alcuna proposta – la risposta di Nando Rinaldi, direttore dell’Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia – ma abbiamo solo fatto presente la complessità e la criticità della situazione in cui ci ritroviamo». Criticità esplosa con la fine dello stato di emergenza legato alla pandemia da Covid. «In base alla legge del 2010 non possiamo superare la spesa storica di contratti a tempo determinato del 2009, significa che non possiamo usare assunzioni a tempo determinato per coprire i posti vacanti che abbiamo da anni. Durante la pandemia, per poter garantire le “bolle” di sicurezza necessarie a mantenere aperti i servizi educativi, c’è stata una deroga, ma nel 2023 torniamo ad avere le mani legate. Se non dovessimo rientrare nel parametro verremo puniti con un blocco delle assunzioni», spiega Rinaldi. La carenza di insegnanti “a tempo pieno” è dovuta a diversi fattori: il primo è che il numero chiuso del corso di laurea in scienza della formazione viene calcolato sulla base delle iscrizioni alle scuole dell’infanzia statali, «ma i dati – evidenzia Rinaldi – ci dicono che a livello nazionale il 62,2% dei bambini è iscritto alle scuole dell’infanzia statali, il 10,2 % a quelle pubbliche non statali, come le nostre, e il 27,6% alle scuole private paritarie. Il fabbisogno è già di per sé sottostimato, e a questo si sommano altre criticità, per esempio occorre considerare che i laureati in scienze della formazione possono andare a insegnare sia nelle scuole dell’infanzia che nelle scuole primarie. Per questo motivo abbiamo avanzato alcune proposte a livello nazionale, tra cui quella di rendere abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia un corso di laurea magistrale per i laureati in scienze dell’educazione, che non mancano».
Al momento gli insegnanti in servizio nelle scuole dell’infanzia reggiane con contratto a tempo indeterminato sono 93, i posti vacanti sono 45. Nel 2021 e 2022 sono stati fatti concorsi che però non hanno esaurito il fabbisogno. «Speriamo di poter far arrivare a Reggio 15 insegnanti attraverso un bando aperto dal Comune di Modena, nel quale ci siamo ritagliati questi posti», dice Rinaldi.
Intanto la Cgil si prepara: «Il 14 marzo faremo un’assemblea con i dipendenti comunali – rivela Sesena – perché non sono a rischio solo quei 70 precari, poi vedremo come si evolverà la situazione. Se da parte di Istituzione e Comune non ci sarà un’apertura al confronto ci opporremo e mobiliteremo».