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Il 77,8% degli immobili “a rischio” riqualificazione

Martina Riccò
Il 77,8% degli immobili “a rischio” riqualificazione

La direttiva Ue prevede il salto in classe E entro il 2030, in D entro il 2033. Se dovesse essere approvata i reggiani dovranno correre ai ripari

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Reggio Emilia Il 37,8% degli immobili nella provincia di Reggio rientra nella classe energetica G. Il 23,2% in classe F. Il 16,4% in classe E.

Significa che il 77,8% degli immobili presenti su suolo reggiano (di cui l’83,9%ad uso residenziale) dovrà essere riqualificato entro il 2033. Lo prevede la direttiva sul rendimento energetico, per ora non ancora approvata definitivamente, proposta dall’Unione europea per ridurre i consumi energetici e le emissioni di anidride carbonica del parco immobiliare dei ventisette Stati membri. L’obiettivo è ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990.

Il testo, attualmente all’esame del Parlamento europeo, prevede che entro il primo gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali rientrino nella classe energetica E. Entro il 2033 sarà poi obbligatorio passare alla classe D. Un salto che richiede un taglio dei consumi energetici di circa il 25%, con interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, caldaie a condensazione, pannelli solari. Dagli interventi sarebbero escluse le case di vacanza, così come i palazzi storici vincolati dai Beni Culturali, le chiese e gli altri edifici di culto. Ma anche le abitazioni indipendenti con una superficie inferiore a 50 metri quadrati.

I dati raccolti da Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), tuttavia, dimostrano quanto la nostra provincia sia ancora lontana dal raggiungere i parametri minimi di sostenibilità contenuti nella proposta di revisione della nuova direttiva Ue per l’efficientamento energetico.

Reggio è maglia nera in regione per emissioni di anidride carbonica medie con 57,8 kg di CO2/m2 anno. Al secondo posto c’è Ferrara (57,5 kgCO2/m2 anno), seguono Piacenza (56,9 kg CO2/m2 anno), Modena (56 kg CO2/m2 anno) e Parma (55 kgCO2/m2 anno). Migliore la situazione a Bologna e in Romagna, con un 50 kg CO2/m2 anno di media.

Consultando gli attestati di prestazione energetica (Ape) – documenti che descrivono le caratteristiche energetiche di un edificio, di una abitazione o di un appartamento, obbligatori per la vendita o la locazione di un immobile – riferiti alla nostra provincia, si scopre poi che su 71.668 immobili considerati, il 31,3% è stato costruito tra il 1945 e il 1972, il 23,2% dal 1973 al 1991 e il 20% tra il 1992 e il 2005. Risale a prima del 1945 il 13,1% degli immobili, mentre il 12,3% è stato costruito dal 2005 in avanti.

I dati sono in linea con quelli regionali. Da un’analisi condotta dall’Ufficio Studi Gabetti sui dati immobiliari di circa 2.330 unità residenziali, raccolti dal 2017 al 2022, emerge infatti che circa il 34,8% del campione immobiliare preso in considerazione è stato realizzato tra il 1960 e il 1970 oppure tra il 2001 e il 2010 (16,7%). Sebbene si prendano in esame solo 2.330 immobili, si evince come più della metà del campione (il 62,7%) risalga a un’epoca di costruzione precedente al 1985, segno che il patrimonio edilizio non è più in linea con gli standard energetici e le esigenze del mercato odierno.

A livello strutturale, la tipologia prevalente degli immobili è in cemento armato (62,9%), seguiti da quelli in muratura (28,4%), impiegata soprattutto negli edifici storici. Guardando alla tipologia di impianto di riscaldamento, il combustibile più usato negli impianti termici centralizzati è il gas metano, impiegato in circa il 91,8% delle unità. Questo dato, se correlato all’età anagrafica degli immobili, indica che vi è stato un processo di sostituzione di impianti a gasolio con caldaie a gas metano, tuttavia questa miglioria non risulta sufficiente a traghettare gli immobili di classe G nelle classi energetiche più performanti.