Gazzetta di Reggio

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Chiesto il rinvio a giudizio per l’avvocato dei Grandi Aracri

Ambra Prati
Chiesto il rinvio a giudizio per l’avvocato dei Grandi Aracri

Reggio Emilia: il 4 luglio 2022, nel corso di un’udienza del processo Grimilde, Antonio Piccolo avrebbe intimidito Antonio Valerio. Le ipotesi di reato: intralcio alla giustizia e utilizzazione di segreti d’ufficio

22 marzo 2023
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Reggio Emilia Intralcio alla giustizia e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio: queste le ipotesi di reato rivolte nientemeno che a uno degli avvocati dei Grande Aracri. La procura di Reggio Emilia ha chiesto il rinvio a giudizio per l’avvocato Antonio Piccolo, 68 anni, nato a Crotone e del foro di Bologna, che durante un’udienza in tribunale a Reggio l’anno scorso avrebbe intimorito il pentito Antonio Valerio, tanto da costringere il Servizio Centrale di Protezione a modificare il dispositivo di protezione del collaboratore di giustizia, principale accusatore dei maxi processi che hanno stangato la ’ndrangheta emiliana da Aemilia in poi.

La vicenda trae origine da un episodio verificatosi nel corso dell’udienza del processo della Dda di Bologna Grimilde contro la ’ndrangheta con epicentro a Brescello (il processo si è conclusosi nel dicembre scorso con la condanna a 19 anni e 6 mesi per Francesco Grande Aracri e 12 anni e 2 mesi per il figlio Paolo). Il 4 luglio 2022, in tribunale, l’avvocato mentre svolgeva il controesame del pentito Antonio Valerio, protetto da un paravento, lo ha incalzato chiedendogli quali fossero le sue generalità e se avesse cambiato cognome; nonostante la reiterata opposizione del pm della Dda Beatrice Ronchi («non c’è nessuna attinenza con i fatti»), il legale di fiducia di Francesco Grande Aracri (che quel giorno sostituiva una decina di colleghi) ha insistito «affermando allusivamente – come recita il capo d’imputazione – “Non sappiamo come si chiama oggi, io penso di saperlo però...”».

Una frase che la procura di Reggio ha letto come «una minaccia al fine di interferire sulla genuinità delle affermazioni» del pentito. Quest’ultimo difatti “si scanta”, direbbero in Sicilia, e a margine di quell’infuocata seduta si è lamentato (come riporta Il Fatto Quotidiano): «Minchia, che sicurezza che abbiamo qua! Allora, io sono terrorizzato. Mi viene la pelle d’oca, perché è chiaro i messaggi che mi state mandando. Benissimo, ottimo. Penso a mia figlia minorenne e sono terrorizzato».

Fin qui l’ipotesi di reato di intralcio alla giustizia. La presunta utilizzazione di segreti d’ufficio, però, è più inquietante: il secondo capo d’imputazione prefigura che l’avvocato Piccolo «venendo illecitamente a conoscenza, da soggetto in corso di identificazione, delle generalità di copertura del collaboratore di giustizia Antonio Valerio, destinate a rimanere segrete al fine di tutelarne l’incolumità, se ne avvaleva nel corso dell’esame» a mo’ di arma impropria, «al fine di commettere il delitto precedente».