Gazzetta di Reggio

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«Il fuggitivo parlava reggiano, quel brigatista era alto e snello»

Tiziano Soresina
«Il fuggitivo parlava reggiano, quel brigatista era alto e snello»

La testimonianza sulla sparatoria del ’75: vi morirono la br Cagol e un carabiniere L’inchiesta aperta sta cercando di scoprire chi fosse l’uomo che riuscì a scappare

24 marzo 2023
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Reggio Emilia «Quello che scappava parlava reggiano, un tipo alto e snello». C’è questa testimonianza sull’ancora oscuro esponente delle Brigate rosse che era riuscito a fuggire al culmine del conflitto a fuoco in cui il 5 giugno 1975 morirono la brigatista Margherita “Mara” Cagol e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, inoltre un altro carabiniere rimase ferito (sarebbero stati quattro i militari entrati in azione quel tragico giorno a Cascina Spiotta, nell’Alessandrino).

Testimonianza agli atti delle indagini – affidate ai carabinieri del Ros e coordinate dai magistrati del pool sul terrorismo e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo – sulla vicenda che marchiò di sangue il sequestro dell’imprenditore vinicolo Vallarino Gancia (dal 4 giugno era tenuto in ostaggio in quella cascina dove vi fu la sparatoria). Come anticipato dalla Gazzetta, sul registro degli indagati figura Renato Curcio (al tempo marito della “compagna Mara”) che è accusato di concorso in omicidio non tanto perché gli inquirenti credono fosse presente sul luogo del conflitto a fuoco, bensì gli contestano il ruolo apicale nel gruppo armato delle Br, il che significa per i pm aver scelto non solo i componenti del commando, ma anche chi sequestrare (cioè Gancia) a scopo di finanziamento, decidendo il riscatto da chiedere e le modalità della trattativa. Ma per chi indaga avrebbe pure dato disposizione ai brigatisti di “ingaggiare un conflitto a fuoco” nel caso venissero scoperti. Questa violenta disposizione dell’ideologo delle Br sarebbe tratta dalla documentazione rintracciata. In primis il materiale trovato il 18 gennaio ’76 nel covo di via Maderno a Milano, quello in cui si erano nascosti Renato Curcio e la sua nuova compagna Nadia Mantovani. Proprio in quell'appartamento finì la loro latitanza. Tra le carte, i carabinieri trovarono anche una relazione sui fatti della cascina piemontese “Spiotta”stilata dal brigatista che era scappato. Pagine importanti, perché si trattava di una "memoria" sull'accaduto destinata ai vertici delle Br dell'epoca. Oltre al documento, tracce utili ad identificare quella che per anni è sempre stata un'ombra potrebbero arrivare proprio dall'analisi della macchine da scrivere: l'ombra a cui si dà la caccia da anni avrebbe pigiato su quei tasti per comporre la relazione di molte pagine. In mano agli investigatori anche una pubblicazione clandestina delle Br (datata ottobre 1975) in cui si parla del fatto di sangue e si denuncia l’uccisione di Mara Cagol. Difeso dall’avvocato Vainer Burani, il fondatore delle Br nel febbraio scorso – durante l’interrogatorio – non solo ha negato il coinvolgimento depositando una memoria («Il sequestro fu organizzato dalla colonna torinese e io ne ero all’oscuro»), ma ha anche replicato: «A 48 anni dai fatti, non ho ancora saputo chi in quel giorno ha ucciso Mara Cagol mentre era disarmata e con le braccia alzate come ha inoppugnabilmente dimostrato l’autopsia».

Il colpo mortale entrò nell’ascella sinistra della brigatista, per poi attraversare tutto il torace. In precedenza era stata ferita al polso mentre cercava la fuga in auto.l