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Commercio in crisi

L’agonia senza fine dei negozi: seimila saracinesche abbassate

Luciano Salsi
L’agonia senza fine dei negozi: seimila saracinesche abbassate

Allarme di Confesercenti sui numeri delle chiusure negli ultimi dieci anni. «L’online e i centri commerciali favoriti da fisco e politiche urbanistiche»

24 marzo 2023
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Bologna Dove sono le “privative”, i minuscoli empori capaci una volta di offrire quasi tutto ciò che serviva agli abitanti d’un paesino o d’una borgata, dalla farina alle sigarette, dal sapone ai francobolli? Quante sono nelle città e nei centri minori le saracinesche perennemente abbassate? Il declino del piccolo commercio è incominciato più di cinquant’anni fa con l’avvio della grande distribuzione e della motorizzazione di massa, che consente di fare compere anche a svariati chilometri di distanza dalla propria abitazione. Oggi s’aggiunge la crescita delle vendite tramite la rete informatica, avvantaggiata dal regime fiscale favorevole e, negli ultimi anni, dai confinamenti imposti contro la pandemia.

Le edicole sono tra le vittime più significative dei cambiamenti dovuti alle innovazioni tecnologiche. Il quadro che ne risulta è quello sconsolante che Dario Domenichini, presidente regionale di Confesercenti, squaderna commentando i dati relativi alle chiusure e alle aperture di negozi nel 2022 e confrontandoli con quelli dei dieci anni precedenti.

«Creare imprese nel settore del commercio è sempre più complicato – afferma Domenichini – e lo è in particolare nel segmento del commercio al dettaglio di prossimità, per la concorrenza enorme delle vendite on-line, che godono di un regime fiscale particolarmente vantaggioso, di politiche urbanistiche e sulla mobilità che hanno favorito la realizzazione di grandi strutture di vendita all’esterno dei centri storici delle nostre città e di politiche fiscali e del lavoro che non tengono conto della dimensione d’impresa caratteristica delle imprese del commercio».

In Emilia-Romagna si contano 41.917 imprese attive nel commercio al dettaglio, secondo la rilevazione aggiornata al 31 dicembre 2022. Erano 47.926 nel 2012. In totale, 6.009 negozi in meno. Il numero è diminuito in dieci anni del 12,5%, passando da 11 negozi per mille abitanti ai 9,5 del 2022. Ciò non toglie che la piccola distribuzione continui ad essere preziosa per molti cittadini, soprattutto per gli anziani. Anzi, le conseguenze del Covid ne avrebbero evidenziato l’importanza.

«Proprio questo lungo periodo di pandemia – argomenta Domenichini – ha dimostrato il valore della rete dei piccoli esercizi, dagli alimentari alle edicole. I negozi di prossimità svolgono un servizio che è in grado di contribuire al miglioramento della qualità della vita nei contesti urbani. Occorre passare dalle parole ai fatti e sviluppare politiche attive per il settore, a partire dalla formazione imprenditoriale e dal tutoraggio delle start-up, ma anche pensare ad un regime agevolato per le attività di vicinato per quanto riguarda il sistema fiscale e il costo del lavoro. Inoltre si devono mettere a disposizione risorse per la riqualificazione dei negozi e delle aree mercatali». Si tratta, a suo parere di misure indispensabili per invertire la tendenza, che ha fatto scendere il bilancio dell'anno scorso ai minimi storici. Nel 2022, infatti, sono nate solo 1.590 imprese a fronte di 2.843 cessazioni, con un saldo negativo di ben 1.523 unità. Tale deficit ha interessato tutte le province e ha comportato un saldo particolarmente negativo per Bologna, dove sono venute a mancare 307 imprese, un quarto del totale regionale.

Nei decenni precedenti le nuove aperture erano più numerose. Nel 2012 nell’intera regione se n’erano registrate 2.322, ben 732 in più. La rete distributiva si sta ridimensionando in modo omogeneo, con diminuzioni non rigorosamente proporzionate al numero degli esercizi nelle singole province. l