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I social fanno da detonatore ai conflitti tra bande giovanili

Luciano Salsi
I social fanno da detonatore ai conflitti tra bande giovanili

Una ricerca realizzata per conto della Regione Emilia Romagna evidenzia caratteristiche di «marginalità, devianza e insicurezza urbana»

29 marzo 2023
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Reggio Emilia Non sono da confondere con le impertinenze dei bulli o con le prepotenze dei teppisti le prodezze dei gruppi di ragazzotti di cui la cronaca nera si occupa spesso da qualche tempo. L’università di Bologna li chiama “bande di strada giovanili”, un nome appropriato agli atti delinquenziali che commettono, e ne traccia un identikit su incarico della Regione, preoccupata per la frequenza con cui imperversano nel territorio dell’Emilia Romagna. Sono in grande maggioranza maschi provenienti da famiglie carenti sotto il profilo economico e sociale, stranieri o italiani di seconda e terza generazione, indagati o condannati perlopiù per furti e rapine ai danni di coetanei italiani. L’indagine è stata compiuta nel triennio 2019-2022 da Rossella Selmini e Stefania Crocitti del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Unibo, che ne diagnosticano il retroterra di «marginalità, devianza e insicurezza urbana».

La ricerca, varata in base agli accordi sulla sicurezza 2022 promossi dalla Presidenza della giunta regionale, è stata presentata nel corso della commissione Cultura presieduta da Francesca Marchetti all’interno delle attività per la Settimana della legalità.

La maggior parte di questi soggetti sorpresi a delinquere frequenta istituti tecnici e professionali. Nelle loro famiglie manca una figura adulta genitoriale autorevole a cui ispirarsi. La loro condotta appare influenzata negativamente dalle reti informatiche. Commettono soprattutto delitti contro il patrimonio. In molti casi si tratta del primo reato. Il teatro delle loro malefatte si trova più spesso nei capoluoghi di provincia che nelle piccole comunità, più nei centri storici che nelle periferie. «Ipotizzando un minore utilizzo degli spazi urbani nei mesi invernali – spiegano Selmini e Crocitti – la ricerca restituisce una presenza dei gruppi che non si concentra nel periodo estivo: il 32% degli episodi si è verificato fra giugno e agosto e il 68% è distribuito nel resto dell’anno».

I fatti considerati si verificano soprattutto nei mesi estivi solamente a Rimini, per motivi legati all’affollamento turistico. Le bande risultano composte da quattro a sei giovani nel 40% dei casi. Tuttavia si registra il coinvolgimento di un numero superiore a sette quando si tratta di scontri fra gruppi diversi.

Non sorprende la netta prevalenza maschile. La componente femminile è il 23% e la si riscontra nei gruppi misti di età adolescenziale.

Il 40% degli episodi riguarda giovani tra i 14 e i 17 anni, a cui si può aggiungere il 25% di casi in cui l’età non era specificata ma i ragazzi erano identificati come minorenni. Le bande di soli maggiorenni costituiscono il 15%.

Secondo gli autori dell’indagine la nazionalità è accertata in modo impreciso, poiché spesso gli autori dei reati sono individuati in base ai tratti somatici descritti dalle vittime, senza distinguere quelli che, pur avendo un’origine familiare africana o asiatica, hanno acquisito la cittadinanza italiana. A loro avviso la percentuale degli stranieri è «molto al di sotto di quanto ci si aspetterebbe stando alle cronache», le quali la fanno salire al 60%.

Si calcola che le bande con nazionalità mista costituiscano il 28% del campione e la presenza di gruppi composti interamente da italiani sia pari al 12%. Le vittime sono per l’87% maschi: il 42% ha un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, il 13% ha meno di 13 anni e l’11% è minorenne. Il 29% è maggiorenne.

Solamente nel 5% dei casi gli autori e le vittime si conoscevano. Solo nel 14% si tratta di risse. «Nella metà degli episodi – osservano le ricercatrici – gli illeciti sono commessi per impossessarsi di beni materiali, non solo i soldi ma anche cellulari, indumenti e scarpe alla moda, che i ragazzi stranieri non possiedono».