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Le opposizioni dell’Unione Bassa: «Troppe carenze nel caso Saman»

Le opposizioni dell’Unione Bassa: «Troppe carenze nel caso Saman»

L’associazione “Non una di meno”: «Emergono in modo tragico dalle cronache processuali, le inaccettabili insufficienze nella prevenzione, nel soccorso e nel sostegno

30 marzo 2023
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Novellara «Non possiamo che essere d’accordo con Tiziana Dal Pra dell’associazione Trama di Terre, quando evidenzia le enormi falle sistemiche occorse nel caso di Saman Abbas: qualcosa non ha funzionato». I consiglieri di centrodestra dell’Unione Bassa Reggiana, con la capogruppo Cristina Fantinati in testa, intervengono dopo l’intervista alla Gazzetta di Reggio dell’attivista per i diritti delle donne Dal Pra. La fondatrice della onlus imolese ha definito un grave errore non aver consegnato in tempi rapidi alla ragazza i suoi documenti.

«Il 21 aprile Saman tornò a casa, fu intercettata dai carabinieri, che già dal 28 aprile avevano un mandato di perquisizione per entrare a casa dei genitori alla caccia dei documenti personali - scrivono i consiglieri d’opposizione - Tuttavia, le forze dell’ordine hanno dovuto aspettare cinque giorni, il 3 maggio, perché i servizi sociali dell’Unione Bassa Reggiana dovevano trovare un luogo dove portare Saman e, oltretutto, dovevano coordinarsi per organizzare un incontro in compresenza dei servizi per i minori e gli adulti. Quando si sono presentati alla porta degli Abbas, il 3 maggio, ormai la tragedia si era consumata. Forse con maggiore velocità, Saman si sarebbe potuta salvare».

I consiglieri rivolgono critiche anche alla comunità per minori del bolognese «dove Saman fu accolta da novembre 2020 ad aprile 2021. Nonostante il programma di protezione, la minorenne era libera di avere in uso un telefono smartphone, con cui scattava foto ed era attiva sui social. Senza dimenticare che la minorenne Saman era in Italia dal 2016 ma il suo caso non fu mai intercettato dai servizi sociali “Millefiori” di Novellara e dai servizi ai minori dell’Unione Bassa reggiana, nonostante le occasioni non fossero mancate, a partire dall’abbandono scolastico in età obbligatoria mai perseguito: la ragazza voleva andare a scuola ma la famiglia si opponeva e per dissuaderla il padre la picchiava».

Anche l’associazione “Non una di meno” ieri è intervenuta sul tema delle carenze emerse nel caso di Saman. «Abbiamo seguito fin dall’inizio in tribunale i processi per femminicidio intentati contro gli assassini che hanno spezzato in modo violento e crudele le vite di Hui e Juana Cecilia e ora stiamo assistendo al processo per l’efferato, inconcepibile femminicidio di Saman. Nelle nostre dichiarazioni abbiamo ogni volta sottolineato come sia evidentissima in tutti i casi la matrice patriarcale di omicidi che affondano le loro radici in una cultura sessista ancora profondamente radicata, pur con modalità diverse, nelle differenti società e come lo sprezzo della vita delle donne non conosca frontiere, confini geografici, affiliazioni religiose e non esprima “opzioni” etniche. Abbiamo sempre denunciato le clamorose carenze e gli inspiegabili “vuoti” nell’applicazione delle misure e nelle pratiche di tutela delle potenziali vittime che emergono in modo tragico dalle cronache processuali, le inaccettabili insufficienze nella prevenzione, nel soccorso e nel sostegno». L’associazione ha scritto una lettera aperta “alle operatrici e agli operatori della giustizia”, nella quale invoca formazione adeguata a magistrati, forze dell’ordine e tutte le professioni che entrano in contatto con le vittime di violenza. l

J. D. P.

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