Reggio Emilia

Donne e metalmecccanica: disparità su tutti i fronti

Serena Arbizzi
Donne e metalmecccanica: disparità su tutti i fronti

Il report della Fiom coinvolge 26.000 lavoratori di 97 imprese: "Salario fisso uguale per tutti"

01 aprile 2023
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Reggio Emilia Agli impiegati uomini, nel settore metalmeccanico, vengono riconosciuti superminimi individuali superiori di 2,64 volte quelli delle donne. Ancora, la media degli impiegati uomini guadagna annualmente il 34 per cento in più delle colleghe donne, mentre tra gli operai la differenza è del 13 per cento.

In altre parole, le donne sono ancora fortemente discriminate su tutti i fronti nel luogo di lavoro, come emerge dalla ricerca Fiom presentata da ieri mattina dal segretario Simone Vecchi, Luana Mazza, della segreteria Fiom provinciale con delega alle politiche di genere, Maria Lina Bigoni, rsu della Walvoil e Stefania Storchi, Chiara Cabrini, Donatella Prati, Sabrina Giovanelli, Elisa Michelini e Viola Malandra e Roberta Ferrari, funzionarie e delegate della Fiom.

Il “Report sulla situazione salariale e occupazionale per generi nel settore metalmeccanico reggiano” è frutto dell’analisi dei rapporti biennali sul personale maschile e femminile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, compilati da 97 imprese metalmeccaniche sopra i 50 dipendenti. Sono oltre 26.000 i lavoratori coinvolti, vale a dire due metalmeccanici su tre. La prima tendenza che emerge sotto molteplici aspetti è la situazione di forte penalizzazione delle donne rispetto agli uomini.

«Il nostro intento è quello di prolungare lo spirito dell’8 marzo per non farlo durare solo una giornata – premette Simone Vecchi –. Un impiegato uomo guadagna il 34 per cento in più di una donna, per gli operai questa differenza è il 13 per cento. La ragione principale sta nei superminimi individuali, che pesa molto sulla retribuzione degli impiegati. Ed emerge che quando è la contrattazione a definire gli elementi delle retribuzioni non ci sono diseguaglianze. Quando, invece, sono le aziende a decidere i superminimi di merito, la “meritocrazia” produce divisioni che pagano sistematicamente le donne».

Anche nella formazione i numeri del rapporto rendono evidente come si investa meno sulle donne. Per quanto riguarda gli straordinari, gli uomini lavorano una settimana in più all’anno: un aspetto che interessa sicuramente il guadagno, maggiore a fronte del numero più alto delle ore lavorate, ma che ha ripercussioni anche sui ritmi della cosiddetta conciliazione vita-lavoro, ovvero delle incombenze famigliari che ricadono, ancor oggi, maggiormente sulle donne.

«I dati mostrano che il lavoro di cura cade sulle donne: ciò è frutto di una cultura patriarcale, ma anche di un aspetto economico – aggiunge Vecchi –. Se ci si deve assentare dal lavoro con una conseguente riduzione del salario per assolvere a obblighi familiari, è chiaro che la scelta ricade su chi, fra i due coniugi, guadagna di meno. E in molti casi sono le donne».

Eclatante il divario tra i dirigenti: le donne sono soltanto il 7 per cento, a rappresentare un mondo economico dove «le leve del potere sono saldamente in mano agli uomini – commenta il sindacato – ma suggerisce anche una possibile spiegazione delle politiche salariali e nella gestione del personale dei livelli inferiori».

Luana Mazza non è sorpresa dei dati «perché sono in linea con le statistiche reggiane e nazionali. Il tema che emerge è che la contrattazione collettiva unisce e riduce il divario di genere, mentre la contrattazione individuale erogata dalle imprese no. La scelta del part time, inoltre, riguarda principalmente le donne».

«Vogliamo raccogliere la sfida della presidente di Confindustria e confrontarci con lei fra due o tre anni – continua mazza –. Tra le sfide che elenca c’è quella sulla parità di genere».

Sulla base dei risultati presentati, la Fiom inizia mettendo sul tavolo alcuni paletti da cui non si può derogare.

«Chiediamo il salario fisso uguale per tutti, non solo come risposta all’inflazione, ma anche al divario di genere – aggiungono i sindacalisti –. Chiediamo che sia aperto un tavolo con tutte le aziende che contano oltre cento addetti. Secondo, il tema della cogenitorialità: chiediamo l’aumento al 100 per cento del congedo parentale perché anche i papà siano stimolati a impegnarsi. Vorremmo che venisse, inoltre, contrattato un pacchetto di ore formative contro le molestie. Questo perché le fragilità economiche si traducono anche sotto altri punti di vista».

Donatella Prati ribadisce che «spesso l’investimento sul personale donna viene visto come meno remunerativo. Si riallaccia alla mentalità che la donna non garantisce la stessa presenza sul lavoro di un uomo. Ci si domanda se chiederà la 104 per accudire i genitori. Talvolta, alle più giovani vengono rivolte domande imbarazzanti che riguardano la vita privata come: “Sei sposata? Hai un ragazzo? Hai già dei figli? Si deve lavorare molto a livello legislativo per colmare i divari e condividere i carichi».l

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