Gazzetta di Reggio

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La strage di Bologna

La bomba uccise madre e fratello: «Vogliamo sapere tutta la verità»

Serena Arbizzi
La bomba uccise madre e fratello: «Vogliamo sapere tutta la verità»

L’appello di Maria Vaccaro, figlia di Eleonora Geraci e sorella di Vittorio

06 aprile 2023
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Scandiano «Non ci stancheremo mai di chiedere giustizia per i nostri cari, nemmeno oggi, dopo quasi 43 anni. Siamo soddisfatti che la verità pian piano stia emergendo, anche alla luce delle motivazioni della sentenza uscite nei giorni scorsi, ma ci sono ancora tanti passi da compiere e vanno compiuti. Va chiarito tutto: dopo tanto tempo e tanto dolore, tutto dev’essere chiarito».

Maria Vaccaro è figlia di Eleonora Geraci e sorella di Vittorio, entrambi vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Il mattino di quel giorno, Eleonora, 46 anni, e il figlio Vittorio, 24, partirono da Scandiano per la stazione di Bologna per andare a prendere una cugina.

Proprio in concomitanza, come risulta dagli atti, Paolo Bellini passò anche da Scandiano per compiere l’attentato in cui persero la vita Eleonora e Vittorio, insieme alle altre vittime.

Le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo di Paolo Bellini argomentano in modo approfondito la sua partecipazione al commando che eseguì materialmente la strage.

«Certamente, siamo soddisfatti che dopo 43 anni si chiariscano le responsabilità – prosegue Maria Vaccaro –. Lo scenario di quanto accaduto è profondamente confuso. Una cosa, però, me la sono sempre chiesta: perché organizzare una strage come quella, dove sono stati colpiti degli innocenti? Cosa c’entravano i nostri famigliari con l’obiettivo di creare uno Stato autoritario e con la strategia della tensione? Perché siamo stati colpiti così duramente? A che cosa è servito spezzare le vite di così tanti innocenti?».

Quali sono le domande per le quali volete una risposta?

«Noi vorremmo sapere da chi sono stati protetti gli autori della strage. Sto parlando anche degli altri, non solo di Bellini, quindi. Non soltanto Bellini è stato coperto, infatti. Chi li ha protetti? Ci avevano promesso che sarebbero stati resi noti dei fascicoli, riguardo alla strage, con cui sarebbe stato possibile superare il segreto di Stato, ma attendiamo ancora risposte. Che Bellini sia stato condannato, certo, è un bel risultato, ma è necessario sapere chi orchestrava i fili di quest’azione terribile».

Siete stati ascoltati dai giudici, di recente?

«Sì, hanno chiesto di ascoltarci nel processo Ciavardini (ex appartenenti ai Nuclei armati rivoluzionari, imputato per falsa testimonianza, ndr). Ci hanno chiesto di mettere in risalto soprattutto il lato umano della terribile vicenda. Abbiamo ricostruito cosa accadde quel giorno e abbiamo raccontato come abbiamo vissuto la nostra vita in seguito. È stato pesante, pesantissimo».

Cosa ricorda, quasi 43 anni dopo, di quel giorno tremendo?

«Per me è come se fosse successo ieri. I traumi di quel giorno sono ancora lì, nella mia memoria. Quella mattina mia madre e mio fratello dovevano andare a prendere una cugina che arrivava da Palermo. Andò mio fratello, perché papà non riusciva. Apprendemmo di lì a poco della tragedia: inizialmente sembrava lo scoppio di una caldaia, poi capimmo cos’era accaduto. Chi era lì sentiva l’odore della polvere da sparo... Papà andò a Bologna e capì, quando vide l’auto di mia mamma davanti alla stazione. Tornò a casa, piangendo e urlando. Io mi chiusi nella camera di mamma. Mio fratello era già sposato e aveva una bambina di 4 anni. Non pensi mai che possa succedere a te e invece può succedere a chiunque. Vogliamo la verità».